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Tom Waits

Tom Waits, le ragazze del New Jersey

L’emblema della grinta timbrica del cantautore di Tom Waits è “Jersey Girl, canzone fondamentale di “Heartattack and Vine”.
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Tom Waits, le ragazze del New Jersey

L’emblema della grinta timbrica del cantautore di Tom Waits è “Jersey Girl, canzone fondamentale di “Heartattack and Vine”.
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Tom Waits, le ragazze del New Jersey

L’emblema della grinta timbrica del cantautore di Tom Waits è “Jersey Girl, canzone fondamentale di “Heartattack and Vine”.
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L’emblema della grinta timbrica del cantautore di Tom Waits è “Jersey Girl, canzone fondamentale di “Heartattack and Vine”.

La voce di Tom Waits è di una raucedine senza pari. Molto nota è la definizione di Daniel Durchholz: «È come se fosse stata immersa in un tino di whisky, poi appesa in un affumicatoio per qualche mese e infine portata fuori e investita con una macchina». Ma sta proprio qui il suo profondo charme: la miscela di nicotina e graffio esistenziale, l’anarchica pastosità da raffica di digestivi e un tono nero come la pece. Non a caso, è folta anche la sua attività di attore: l’ultima apparizione è in “Licorice Pizza” (2021), dove Waits interpreta il folle e catramato regista Rex Blau.

L’emblema della grinta timbrica del cantautore di Pomona è “Jersey Girl”, canzone fondamentale di “Heartattack and Vine”, il settimo album in studio pubblicato da Asylum Records nel 1980, stile rhythm & blues. L’arrangiamento di questo rude e romanticissimo pezzo comprende – oltre a batteria, basso e chitarra – il glockenspiel, uno strumento a percussione formato da sbarrette metalliche a tastiera che dà una soffusa sensazione da spiaggia affacciata sull’Atlantico con boe distanti, lampare e reti a strascico, molto simile a “Spanish Harlem” e “Under the Boardwalk”. «Non ho tempo per i ragazzi giù all’angolo, / per fare casino con loro in giro. / Non ho voglia di andare con le ragazze dell’8a strada, / perché stanotte ho intenzione di restare con te. / Stanotte correrò da lei / attraversando il fiume dalla parte di Jersey. / Prenderò la mia bambina per portarla al carnevale, / e ti farò cavalcare tutte le giostre. / Laggiù sulla riva ogni cosa è a posto, / sei tu con la tua bambina il sabato sera. / Non lo sai che tutti i miei sogni si avverano, / mentre passeggio con te, / cantando “shalalalala, shalalalala”».

Tipica della musica di quegli anni è la rapida oscillazione della seconda e della terza persona (lo avevamo notato anche per “Don’t Play This Song” di Aretha Franklin): il soggetto lirico crea una sorta di mobilità del destinatario – la donna amata, ovvero la futura moglie di Waits, Kathleen Brennan – nel suo flusso di coscienza che comprende, à la Joyce, associazioni mentali e frasi effettivamente rivolte all’alterità femminile. Interessante è, inoltre, il nesso onomatopeico «shalalalala» che ha ovviamente un significato sotteso, straniante. In un’intervista risalente agli anni Ottanta Waits confessava con un pizzico di ironia: «Non avrei mai pensato di poter dire “shalalalala” in una canzone. Questo è il mio primo esperimento con “shalalalala”».

In “Varianti e altra linguistica” (Einaudi, 1970), Gianfranco Contini osservò che «il linguaggio agrammaticale» di Giovanni Pascoli indicava la perdita della fiducia nella razionalità del mondo, una sorta di «equivoco o compromesso». Per Waits si potrebbe asserire qualcosa di analogo. Secondo Bill Janovitz la lallazione – lontana dal ricoprire un ruolo riempitivo o esornativo – sottolinea l’«aura magica del carnevale sulla riva» provata intensamente da un personaggio umile della classe operaia che sembra uscito da un racconto di Raymond Carver.

Un ultimo cenno: Kathleen non è originaria del New Jersey ma ha soltanto vissuto da quelle parti. «Nient’altro t’importa al mondo, / quando sei innamorato di una ragazza del New Jersey». Più che la reale provenienza geografica, è il nome ad agire montalianamente in una veste cabalistica, come un frammento barbagliante, rilucente di fonemi misteriosi. E allora, tanto vale: shalalalala.

di Alberto Fraccacreta

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