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Trap, attraverso gli occhi del Killer

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In un’estate cinematografica dominata dal successo di “Deadpool & Wolverine”, c’è un altro film che sta facendo parlare di sé: “Trap” di M. Night Shyamalan

Trap

Trap, attraverso gli occhi del Killer

In un’estate cinematografica dominata dal successo di “Deadpool & Wolverine”, c’è un altro film che sta facendo parlare di sé: “Trap” di M. Night Shyamalan

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Trap, attraverso gli occhi del Killer

In un’estate cinematografica dominata dal successo di “Deadpool & Wolverine”, c’è un altro film che sta facendo parlare di sé: “Trap” di M. Night Shyamalan

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In un’estate cinematografica dominata dal successo di pubblico di “Deadpool & Wolverine”, c’è un altro film che sta facendo parlare di sé: “Trap” di M. Night Shyamalan. La nuova pellicola del regista indiano si presenta come un thriller psicologico intrigante, ben costruito su un impianto narrativo che ha nella scelta di un punto di vista peculiare la sua forza: il protagonista è il killer, braccato dalla polizia mentre si trova con la figlia a un concerto organizzato ad hoc per catturarlo, in una trappola apparentemente senza via di uscita. Il colpo di scena rivelato fin da subito dalla stessa campagna marketing diventa così la premessa del racconto, che si regge per la prima parte su un grande gioco del gatto e del topo, con il killer protagonista Cooper (interpretato da un magistrale Josh Hartnett) che cerca in ogni modo di trovare un pertugio nella rete lanciatagli addosso dalle forze dell’ordine.

Ed è proprio nell’apparente normalità di Cooper, amabile padre di famiglia ma allo stesso tempo killer camaleontico, calcolatore e senza scrupoli, che si nasconde uno dei centri focali del film.

Se da una parte il film risulta godibile e non privo di profondità prospettica – soprattutto nel gioco delle scatole cinesi di trappole su cui il tessuto narrativo è costruito, dalla mente del protagonista fino a quella messa in piedi dalla polizia per braccarlo – è indubbio come la parte conclusiva non sia all’altezza, per scelte e ritmo. A salvarla è il finale aperto.

di Federico Arduini

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