“Tredici canzoni urgenti”, parla Vinicio Capossela
Il singolo di lancio del nuovo disco è “La crociata dei bambini”, uscito il 24 febbraio, per l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina
“Tredici canzoni urgenti”, parla Vinicio Capossela
Il singolo di lancio del nuovo disco è “La crociata dei bambini”, uscito il 24 febbraio, per l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina
“Tredici canzoni urgenti”, parla Vinicio Capossela
Il singolo di lancio del nuovo disco è “La crociata dei bambini”, uscito il 24 febbraio, per l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina
“Tredici canzoni urgenti” è il nuovo disco di Vinicio Capossela in uscita il 21 aprile (produzione La Cùpa, in licenza esclusiva su etichetta Parlophone per Warner Music Italy). Secondo il cantautore di Calitri, l’album è «musicalmente polimorfo» e «alterna diverse forme, dalla folìa cinquecentesca al reggae and dub anni Novanta», con la presenza di «ballate, waltz, jive e anche un cha cha cha».
Il singolo di lancio – “La crociata dei bambini” – è uscito il 24 febbraio, per l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. Il testo è ispirato alla “Crociata dei ragazzi” di Bertolt Brecht (1942), tradotto in Italia da Einaudi nel 1959. «Sono andato a rileggere Brecht, le poesie scritte mentre la notte era caduta sul suo Paese e l’ombra della guerra iniziava a oscurare l’Europa» spiega Capossela. «Tra queste ho trovato un poema ambientato in Polonia nel 1939. L’innocenza dell’infanzia e dell’animale sono tra le vittime più insostenibili dell’orrore della guerra. Purtroppo, nessuno più invoca la pace». La prospettiva della canzone è, dunque, schiacciata su coloro che subiscono l’angheria dei potenti. «Volevan fuggire dagli occhi la guerra, / volevan fuggirla per cielo e per terra. / Un piccolo capo, la pena nel cuore, / provava a guidarli / e la strada / non sapeva trovare».
Non è la prima volta che Capossela, polistrumentista e scrittore in proprio, si rifà alle concave atmosfere della letteratura. In “Il ballo di San Vito” (1996), oltre alla celebre title-track, figura un pezzo cinereo – “L’accolita dei rancorosi” – che inserisce reminiscenze dalla “Confraternita dell’uva” (1977) di John Fante: «Alla morte fan la corte, / ebbri di guai, / inguaiati dalle femmine, / inchiodati sulla croce / e ruggiscon di rancor. / Musso, Musso, / liscio e busso, / passa appresso, / carica a bastoni, / cala l’asso».
Nel suo contributo introduttivo alla nuova edizione del romanzo (Einaudi 2004), Capossela è abbastanza eloquente circa la sua ammirazione per lo scrittore originario di Torricella Peligna: «Ma che gioia abbiamo per le mani! John Fante. Sentite che nome. Sentite che attacco. Che fucileria! Che dreadful imbroglio! Una vicenda come un domino a cui è stato dato il primo tocco in Colorado e che srotolandosi come una muraglia cinese portatile arriva fin qua. John Fante Alighieri, quando la sceneggiata assurge a commedia!».
Anche in tal caso, benché in un contesto affatto differente, l’attenzione di Capossela è rivolta agli outsider, a chi si muove dannatamente come «un rabdomante senza tregua e senza requia e trova luoghi e assenze, desiderio d’altrove e fuoco immediato della strada e di essere, sempre in ritardo per qualche cosa». In questa “Pena del alma”, tra naufragati e cuori difesi da «mascellate d’asino» (si veda “Non trattare”, modulata sul Salmo 59) il vero scampo è un’invocazione che si fa preghiera, “Ovunque proteggi” (2006): «Mi spiace se ho peccato, / mi spiace se ho sbagliato, / se non ci sono stato, / se non sono tornato. / Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore, / adesso e per quando tornerà il tempo».
Di Alberto Fraccacreta
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