Vincitore e vinti
Il successo di Mengoni e il palcoscenico sul quale parlare di gender gap, maternità, pace, guerra, costituzione, libertà, Iran

Vincitore e vinti
Il successo di Mengoni e il palcoscenico sul quale parlare di gender gap, maternità, pace, guerra, costituzione, libertà, Iran
Vincitore e vinti
Il successo di Mengoni e il palcoscenico sul quale parlare di gender gap, maternità, pace, guerra, costituzione, libertà, Iran
Marco Mengoni ha vinto, strameritando, la 73ª edizione del Festival della canzone italiana di Sanremo. Ha vinto perché è stato il più bravo nei cinque giorni, ha vinto perché ha un talento superiore – decisamente superiore – alla media, ha vinto perché ha passato un’immagine, un’idea di sé onesta, sincera, priva di sovrastrutture un po’ farlocche e un po’ paracule per far piacere a questo o a quello. Soprattutto infischiandosene di chi potrebbe dispiacersi di qualcosa, tanto di costoro ne troverai sempre, in particolar modo alla voce “mediocri”. La canzone non è memorabile, ma resta la migliore per distacco.
Ora che il Festival è finito, all’immancabile teatrino del “non se ne poteva più“ si potranno finalmente dare di gomito. In realtà, si sentiranno orfani di Amadeus più di tutti noi: quanto è italico l’avvoltoio con l’aria da fighetto…
Come quelli che per una settimana hanno avuto una splendida scusa per non occuparsi di temi su cui non sanno cosa dire grazie a Fedez, Paola Egonu o Rosa Chemical. Archiviato persino il twerk di quest’ultimo su Fedez e il suo bacio alla francese al marito di Chiara Ferragni (con tanto di sfuriata della signora di Instagram al malcapitato), toccherà tornare alla realtà. Toccherebbe occuparsi di cose serie e dare qualche straccio di risposta sui temi veri, dopo aver vergognosamente relegato alle 2:15 del mattino il messaggio del leader dell’Ucraina aggredita dall’orso russo. Leoni con Fedez, agnelli con Razov, manco Putin.
Amadeus, autore di questo vero e proprio trionfo di ascolti, contenuti e anche risultati commerciali non è riuscito a imporsi in questa scelta puerile e insensata, a riprova che contro l’apparizione di Zelensky si è scatenata una manovra sorda e astiosa che segnala qualcosa di potenzialmente molto preoccupante anche per la presidente del Consiglio. Perché, se è vero che la posizione dell’Italia sulla guerra non si definisce certo a Sanremo, quanto accaduto è un sintomo molto preoccupante. Poi, possiamo sempre far finta che siano solo canzonette, ma c’è un limite all’ingenuità colpevole.
Ok, da oggi tutti liberi dal mostro-Sanremo, ma ce lo dovete trovare un altro palcoscenico da 15-17 milioni di persone sul quale parlare di gender gap, maternità, pace, guerra, costituzione, libertà, Iran. Trovare un altro palcoscenico su cui intravedere dove vada il Paese.
Di Fulvio Giuliani
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