40 anni di Mundial a bocca aperta
Quella notte d’estate di 40 anni fa, l’11 luglio 1982, è una storia che non ci stancheremo mai di raccontare e rivivere: l’Italia dei Mondiali ’82.
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40 anni di Mundial a bocca aperta
Quella notte d’estate di 40 anni fa, l’11 luglio 1982, è una storia che non ci stancheremo mai di raccontare e rivivere: l’Italia dei Mondiali ’82.
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Quella notte d’estate di 40 anni fa, l’11 luglio 1982, è una storia che non ci stancheremo mai di raccontare e rivivere: l’Italia dei Mondiali ’82.
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Quella notte d’estate di 40 anni fa, l’11 luglio 1982, è una storia che non ci stancheremo mai di raccontare e rivivere: l’Italia dei Mondiali ’82.
Non è nostalgia, non è un ricordo legato alla bellezza di avere 12 anni (come chi scrive) e letteralmente tutta la vita davanti. Persino il brivido di un trionfo del tutto inaspettato non può spiegare la struggente bellezza dell’estate di 40 anni fa.
Perché l’11 luglio 1982 fu l’apice di un percorso pressoché perfetto, di un’avventura umana che ancora oggi meraviglia per la qualità dei valori morali in gioco e colpisce per gli aspetti romanzeschi di una storia che non ci stancheremmo mai di raccontare e rivivere. I quattro decenni passati c’entrano, ma solo in parte: il tempo, certo, aiuta ad amplificare la sensazione di aver assistito (per chi c’era, chi l’ha rivissuto attraverso i racconti, chi si è lasciato andare alla meraviglia della memoria indotta) a un capolavoro umano, molto prima che agonistico e tecnico.
Lascia di stucco che i protagonisti di questa storia, piuttosto che invecchiare, crescano via via di spessore. Non c’entra nulla – lo ripetiamo – la ‘semplice’ nostalgia dei bei tempi andati, il luogo comune del “non ci sono più gli uomini e i giocatori di una volta”: chiudete gli occhi e ripercorrete mentalmente quei volti e quei nomi. Non staremo qui a stilare un elenco, sono talmente grandi, li abbiamo ricordati ed evocati così tante volte da farne figure a tutt’oggi familiari anche per chi è arrivato molto dopo o allora era solo un bimbo.
Non si sono limitati a segnare la storia del calcio, hanno accompagnato il Paese fuori dalla sua epoca repubblicana più buia, inaugurando nel modo più fragoroso possibile il decennio del grande ottimismo che ci avrebbe cambiato per sempre. Non sempre in meglio, ma non possiamo proprio far di questo una loro colpa.
Su questo, leggete il bellissimo pezzo di Massimiliano Lenzi su La Ragione di sabato, che oggi ritroverete su app e sito.
Furono magnifici e ancora oggi dobbiamo solo dire e ripetere ‘grazie’, per le impareggiabili emozioni sportive, ma soprattutto per l’insegnamento senza tempo che diedero a un intero Paese: nella vita, il lavoro, l’impegno, la dedizione, saper individuare e seguire i maestri paga. Paga sempre, quale sia il livello della sfida e degli ostacoli.
Cinque protagonisti di quel giorno non ci sono più e i loro nomi vanno fatti, per tutti: Sandro Pertini, Enzo Bearzot, Cesare Maldini, Gaetano Scirea e lui, leggenda fra i miti, Paolo Rossi. Quanto mancano.
di Fulvio Giuliani
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