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A canestro anche con i cartoni

Da molti considerato l’erede di Michael Jordan per quello che fa in campo, adesso Lebron James lo diventa anche fuori: sarà lui la star del prossimo Space Jam.
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Da molti considerato l’erede di Michael Jordan per quello che fa in campo, adesso Lebron James lo diventa anche fuori: sarà lui la star del prossimo Space Jam.
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A canestro anche con i cartoni

Da molti considerato l’erede di Michael Jordan per quello che fa in campo, adesso Lebron James lo diventa anche fuori: sarà lui la star del prossimo Space Jam.
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Da molti considerato l’erede di Michael Jordan per quello che fa in campo, adesso Lebron James lo diventa anche fuori: sarà lui la star del prossimo Space Jam.
Venticinque anni dopo Michael Jordan c’è Lebron a canestro assieme ai personaggi di “Looney Tunes”, serie animata della Warner Bros. “Space Jam 2”, anzi “Space Jam: A New Legacy”, il remake della pellicola che ha contribuito a rendere immortale il fuoriclasse dei Chicago Bulls, è nei cinema italiani da qualche giorno, mentre la stagione Nba parte a breve. Lebron James, stella dei Los Angeles Lakers, alla 19esima annata nella lega più famosa del basket mondiale è ancora la pietra angolare dello sport americano e forse mondiale. Da un ghetto di Akron (Ohio), padre ignoto e povertà, ad atleta-logo (come fu Jordan negli anni Ottanta con Nike) con accordo a vita per circa un miliardo di dollari con il colosso con lo swoosh, imprenditore-confidente finanziario di Warren Buffett che lancia loghi sconosciuti, come la catena Pizza Hut, rinunciando a 14 milioni di dollari da testimonial per un brand concorrente. Di sicuro, James è una specie di ‘Gronchi rosa’ tra i campioni-industria che accumulano clic sui social e marchi da rappresentare senza aver molto da dire, anche su temi divisivi come il razzismo o l’omosessualità nello sport. Lebron invece si fa sentire con 100 milioni di seguaci su Instagram, pesa sull’opinione pubblica, come lui forse solo Lewis Hamilton e Serena Williams. Non sempre fa centro: sul vaccino ha spiegato di essersi sottoposto all’immunizzazione ma che era scettico, senza lanciare appelli pubblici alla vaccinazione. Donald Trump, in uno degli ultimi comizi precedenti al voto del 4 novembre, gli ha dedicato diverse offese, invitandolo a occuparsi solo di pallacanestro. James diede del buffone a Trump via Twitter: il presidente in carica aveva disdetto l’invito alla White House – una passerella che appartiene alla liturgia dello sport americano – per i Golden State Warriors vincitori del titolo Nba e assai critici per le sue politiche verso le minoranze. L’asso dei Lakers è stato anche il volto sul parquet di Black Lives Matter, per lui «non un movimento, ma uno stile di vita», si è impegnato in prima persona per la tutela del voto afroamericano alle presidenziali con l’associazione “More than Athlete”, in volo, Stato per Stato, in ticket con Michelle Obama. Certo, Jordan resta nel Valhalla, è ancora l’idolo giovanile dello stesso James e uno degli sportivi di sempre – un Maradona, un Muhammad Alì – e non solo perché la sua linea sportiva Air Jordan, che veste anche il Paris Saint Germain, ha incassato 4,5 miliardi di dollari nel 2020. La sua presa di posizione sulla vaccinazione degli atleti ha inciso sull’opinione pubblica. Ma il passaggio del testimone a James – la legacy, come ricorda il titolo del film – è stato ben riposto. Anzi, non si vede all’orizzonte il successore di Lebron. E non solo nella pallacanestro. di Nicola Sellitti

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