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E fu Air Jordan

È uscito due giorno fa “Air – La storia del grande salto”, il film di Ben Affleck dedicato alla sneaker che quasi 40 anni fa ha cambiato per sempre il rapporto tra sport e sponsor
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E fu Air Jordan

È uscito due giorno fa “Air – La storia del grande salto”, il film di Ben Affleck dedicato alla sneaker che quasi 40 anni fa ha cambiato per sempre il rapporto tra sport e sponsor
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E fu Air Jordan

È uscito due giorno fa “Air – La storia del grande salto”, il film di Ben Affleck dedicato alla sneaker che quasi 40 anni fa ha cambiato per sempre il rapporto tra sport e sponsor
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È uscito due giorno fa “Air – La storia del grande salto”, il film di Ben Affleck dedicato alla sneaker che quasi 40 anni fa ha cambiato per sempre il rapporto tra sport e sponsor
“Lui non indossa una scarpa, lui è una scarpa”. La scarpa in questione è il primo modello di Nike Air Jordan, la sneaker che quasi 40 anni fa ha cambiato per sempre il rapporto tra sport e sponsor, creando il prima atleta-logo, legato indissolubilmente, per tutta la carriera e anche oltre, al brand di un’azienda. Intorno a quella scarpa gira il film di Ben Affleck e Matt Damon – “Air” – La Storia del Grande Salto -, che ripercorre il primo storico contratto firmato dalla stella dei Chicago Bulls, sei titoli Nba negli anni ’90 e l’azienda dell’Ohio. Il viso del giovanissimo Michael Jordan non si vede. È sempre di spalle. Un’ombra, ma non serve vederlo: c’è già l’essenza di uno dei più grandi sportivi della storia, evidenziata poi in foto, immagini di repertorio. Nike e Jordan: la prima linea ideata da un’azienda appositamente per un atleta. Quell’atleta, per volere di mamma Deloris Jordan, ovvero l’architetto della leggendaria ascesa di MJ, andò a incassare una percentuale su ogni paia di scarpe vendute dalla sua linea. Non era mai accaduto, nella Nba dove c’erano stelle di prima grandezza come Magic Johnson e Larry Bird e neppure in altri sport, anche nel ricco calcio italiano o britannico. Tutto cambiò: negli anni successivi i contratti delle stelle dello sport avrebbero previsto la partecipazione dell’atleta agli utili. La rivoluzione, appunto, partita dalla convinzione di Sonny Vaccaro, figura (di origini calabresi) del marketing sportivo americano che intravede in Jordan qualcosa di mai visto, un 18enne con il killer instinct, uno di quelli che passa una volta ogni 50 anni nello sport. Vaccaro convince in pratica tutta l’azienda a puntare tutto su Jordan. Quella firma sul contratto ha portato Nike, soppiantata sino a quel momento sul mercato da Adidas e Converse, a diventare entro un paio di anni un colosso dell’abbigliamento a livello mondiale. Scarpa rossa e nera, violando le imposizioni della Nba che pretendeva sneaker bianche almeno per il 51% della calzatura. Nike decise di correre il rischio e pagare 5000 dollari di multa per ogni partita giocata da Jordan, che pure accettò la scommessa che è poi valsa l’immortalità: accettare l’offerta di Nike dopo aver sempre sognato di calzare solo Adidas. La casa tedesca era il suo obiettivo dai tempi dell’high school e poi del college, a North Carolina. “Air” è anche – se non soprattutto – il racconto del capitalismo americano degli anni ’80, accompagnato dalle hit di Bruce Springsteen, Michael Jackson e Cindy Lauper, in cui vince l’idea, la visione appunto, la prospettiva che una storia del genere poteva avere un lieto fine solo in America: un cestista che non aveva mai messo piede su un parquet Nba, neppure la prima scelta al Draft collegiale, che si vede offrire una linea di calzature con il suo cognome. Ben Affleck, che nel film è il Ceo di Nike, Phil Knight, ipotizza un fatturato da tre milioni di dollari per il primo anno del binomio con Jordan: la linea di Nike Air ha prodotto 162 milioni di dollari di incassi nel 1985. Poi sarebbe arrivato il leggendario spot di Jordan diretto da Spike Lee: in volo verso il canestro con la lingua da fuori, nasce Jumpman, immagine ancora presente su ogni scarpa Nike che porta il nome del mito dei Bulls. Un pezzo di cultura pop degli anni’80. Oggi Jordan riceve un accredito di 400 milioni di dollari l’anno per la linea che veste anche il Psg e altre squadre famose di diverse discipline. Per Nike, che era sul punto di chiudere la sua area commerciale dedicata alla pallacanestro, il fatturato annuo dalla Air Jordan è di circa quattro miliardi di dollari l’anno. Ma, per quanto possa sembrare paradossale, nella sceneggiatura i soldi vengono dopo: prima c’è l’idea del futuro, del desiderio di creare qualcosa di eterno. Tutto il budget su Jordan, all-in, successo o disastro: il successo è stato clamoroso e Michael Jordan ha aperto la strada per altre stelle, soprattutto quelle dell’ultimo decennio, da Federer a Cristiano Ronaldo a Lebron James, che fatturano come multinazionali, grazie a MJ. Di Nicola Sellitti

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