Dani Alves, un nome che non ha bisogno di presentazioni, arrestato per una presunta violenza sessuale. Nello stesso giorno Mattia, figlio di Cristiano Lucarelli, ai domiciliari per una presunta violenza sessuale di gruppo. Se i due siano colpevoli o meno andrà accertato ma sicuramente colpisce nello stesso giorno leggere di due – uno certo più noto dell’altro – calciatori che si sarebbero resi responsabili di violenze.
Colpisce ma non è una novità perché in realtà negli ultimi mesi di storie ne abbiamo sentite anche altre, e però stupisce perché nell’immaginario collettivo proprio i calciatori, soprattutto se famosi, non hanno certo difficoltà a trovare fidanzate amanti e flirt. Un po’ come per gli attori.
Eppure queste vicende lasciano intendere che dietro ci sia dell’altro: forse chi in qualche modo è famoso ritiene che tutto sia concesso? Forse chi ha un nome noto non accetta un no come risposta a delle avances? Impossibile naturalmente entrare nella testa di ciascuno ma qualcosa che accomuna queste storie evidentemente deve esserci. Perché sono troppe: per fare un altro esempio recente quello del giocatore del Genoa Manolo Portanova condannato a dicembre a sei anni per violenza sessuale di gruppo.
E allora bello, bellissimo vedere quando i calciatori si mobilitano contro la violenza di genere, quando se ne fanno portabandiera. Meglio sarebbe se poi quei bei principi fossero applicati anche nella vita reale. Laddove un No resta un No. Anche se detto a qualcuno che ai No non ci è abituato.
di Annalisa Grandi
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