Balotelli, non dovevamo vederci più?
Lo scambio di amorosi sensi tra il ct azzurro e la punta bresciana è parso il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato
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Balotelli, non dovevamo vederci più?
Lo scambio di amorosi sensi tra il ct azzurro e la punta bresciana è parso il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato
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Balotelli, non dovevamo vederci più?
Lo scambio di amorosi sensi tra il ct azzurro e la punta bresciana è parso il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato
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Lo scambio di amorosi sensi tra il ct azzurro e la punta bresciana è parso il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato
“Mario, i’ vorrei che tu la Nazionale ed io”. Se al ct Mancini piace Dante potrebbe chiudere così, adeguando il titolo di un suo noto sonetto, la corrispondenza con SuperMario. Anzi, Balotelli, perché quel soprannome era giustificato solo dieci anni fa.
L’attaccante italiano ha punzecchiato il ct sulla carenza di attaccanti nel campionato italiano, che ha ispirato Mancini a convocare Retegui, nato, cresciuto, formato in Argentina. E Mancini, che davvero vuol bene a Mario e che gliene ha perdonate tante, ma tante, gli ha risposto per le rime, augurandosi che davvero Balo sia ancora in forma. Se lo fosse davvero, non esiterebbe un attimo a convocarlo nuovamente. A rimetterlo al centro dell’attacco. Ci ha pensato anche prima della doppia sfida con la Macedonia del Nord che è costata la partecipazione ai Mondiali in Qatar dell’Italia. Lo chiamerebbe anche ora. Anche se un nuovo corso è partito, anche se il rapporto tra Balotelli e l’Italia, inteso come calcio italiano, appare ormai compromesso, sfilacciato. Ha segnato cinque gol in 14 partite al Sion, in Svizzera, ultimo timbro a novembre. Poi, i soliti, lunghi periodi di assenza dalle scene, quella continuità praticamente mai dimostrata, se non in qualche annata in cui gli astri si sono allineati, tipo lo scorso anno in Turchia, all’Adana Demirspor sotto la guida di Vincenzo Montella, 18 gol in 33 presenze.
Sarebbe stato il centravanti della nazionale per dieci anni almeno. La controprova non esiste, così come non è possibile incastonare idealmente la personalità debordante di Balotelli nell’Italia miracolosa del Mancio che un anno e mezzo fa ha vinto Euro 2020: squadra di tecnica e sacrificio, una corsa in più l’uno per l’altro, non esattamente la specialità di casa Balo. Così non è stato. Insomma, lo scambio di amorosi sensi tra il ct azzurro e la punta bresciana è parso più il rimpianto di quello che poteva essere e non è stato. Come lo stesso Balo ha peraltro ammesso nel suo messaggio, anch’esso con tracce dello stilnovo. Un qualcosa che resterà lì, nella memoria fugace dei social. Che non deve avere per forza un seguito. Anzi, non avrà un seguito. Ad agosto Balotelli compie 33 anni, negli ultimi cinque anni ci sono stati segnali di fumo al Nizza e in Turchia, in ogni caso in tornei poco competitivi per riproporsi in grande stile nell’Italia. Mai dire mai nello sport e in generale non va mai sottovalutato il cuore di un campione. Ecco, appunto: Mario non è un campione. Avrebbe potuto esserlo. Mancini ha ben altri problemi al momento, certo c’è l’assenza di assi nel settore offensivo che lo ha portato a pensare a Retegui, ma anche l’ossatura del gruppo di Euro 2020 pare essersi indebolita. Il pensiero va a Malta, stasera, va alla ricostruzione fisica, emotiva di un gruppo che pare essersi sfarinato dopo lo choc dell’assenza ai Mondiali.
Si sono amati, Mario e Mancio. Il ct gli ha concesso la seconda chance, anche la terza, la quarta che gli ha negato volutamente un altro totem che aveva puntato su Mario, come Mourinho. Gliel’ha concessa anche Cesare Prandelli, ai Mondiali brasiliani del 2014, ma Balo arrivava da Euro 2012 in cui aveva abbattuto la porta di Neuer. Era un passaggio obbligato, altra, ennesima cambiale che Balo non ha saldato nella sua controversa e non compiuta carriera.
Di Nicola Sellitti
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