Berrettini: altro che sfortuna, si chiama senso di responsabilità
La rinuncia di Berrettini al torneo di Wimbledon per la positività al Covid per qualcuno si chiama sfortuna. Per lui, un vero fuoriclasse moderno, un senso di responsabilità verso il prossimo. E dovremmo impararlo tutti.
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Berrettini: altro che sfortuna, si chiama senso di responsabilità
La rinuncia di Berrettini al torneo di Wimbledon per la positività al Covid per qualcuno si chiama sfortuna. Per lui, un vero fuoriclasse moderno, un senso di responsabilità verso il prossimo. E dovremmo impararlo tutti.
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La rinuncia di Berrettini al torneo di Wimbledon per la positività al Covid per qualcuno si chiama sfortuna. Per lui, un vero fuoriclasse moderno, un senso di responsabilità verso il prossimo. E dovremmo impararlo tutti.
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La rinuncia di Berrettini al torneo di Wimbledon per la positività al Covid per qualcuno si chiama sfortuna. Per lui, un vero fuoriclasse moderno, un senso di responsabilità verso il prossimo. E dovremmo impararlo tutti.
Potremmo cavarcela dicendo che è sfortuna, in realtà è senso di responsabilità verso il prossimo. Atteggiamento che dovrebbe essere parte della nostra quotidianità, fin quando la pandemia non potrà dirsi superata.
Matteo Berrettini ha perso Wimbledon per la positività al Covid riscontrata in un test a cui si è volontariamente sottoposto. Dopo la storica finale dello scorso anno e in una stagione in cui è apparso in gran forma nonostante lo stop per infortunio, l’azzurro si è dovuto ritirare dopo un controllo non obbligatorio alla vigilia del primo turno.
Risultato positivo, ha visto sfumare – anche se non avremo la controprova – una delle più grandi occasioni della carriera. Il suo laconico commento meriterebbe una standing ovation: «Avevo dei sintomi e la priorità era proteggere la salute e la sicurezza dei giocatori e di tutte le persone coinvolte nel torneo di Wimbledon. Non ho parole per descrivere il mio dispiacere».
Un esempio di cosa significhi essere un fuoriclasse moderno, mentre c’è chi dal passato non si rassegna alla fine della popolarità. È il caso dell’ex campione del mondo di F1 Nelson Piquet, straordinario personaggio degli anni Settanta e Ottanta, duramente ripreso da Lewis Hamilton e dalla Federazione internazionale per i suoi commenti inequivocabilmente razzisti («negretto») nei confronti del campione inglese.
Qui il politicamente corretto non c’entra nulla, certe espressioni erano stupide anche un tempo ma si usavano. Ora no e chi non lo capisce è fuorigiri. Si rassegni e impari l’educazione.
di Diego De La Vega
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