“Berrettini, ritrovare la routine”, parla Camporese
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“Quelle lacrime e quel dolore agli addominali. Capisco perfettamente cosa ha provato Berrettini”. Omar Camporese, 3 titoli Atp, si racconta a La Ragione

“Berrettini, ritrovare la routine”, parla Camporese
“Quelle lacrime e quel dolore agli addominali. Capisco perfettamente cosa ha provato Berrettini”. Omar Camporese, 3 titoli Atp, si racconta a La Ragione
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“Berrettini, ritrovare la routine”, parla Camporese
“Quelle lacrime e quel dolore agli addominali. Capisco perfettamente cosa ha provato Berrettini”. Omar Camporese, 3 titoli Atp, si racconta a La Ragione
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«Ho visto da vicino il ritiro di Matteo Berrettini al Masters 2021, a Torino. Stavo commentando la sua partita. Era in lacrime per quel dolore agli addominali, capisco perfettamente cos’ha provato». Omar Camporese era dotato di un dritto da top ten. Come quello di Berrettini. Forse più potente Matteo; Omar invece aveva classe, tanta classe.
«Nel 1993, negli anni migliori della carriera, dopo essere entrato nella top 20 in un’era di fuoriclasse, sono iniziati i miei tormenti fisici. Continui intoppi che mi hanno condizionato, messo fuori gioco» spiega il 55enne bolognese: tre titoli Atp vinti, ex n. 18 al mondo, partite epiche contro Lendl (battuto a Rotterdam) e Becker (cinque set tiratissimi all’Australian Open 1991, partita da oltre cinque ore e cinque set anche in Coppa Davis) fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio di quelli Novanta. Aveva un rapporto assai speciale con la Coppa Davis: fin dall’esordio nel 1989 contro lo svedese Pernfors a Malmoe, in campo con la racchetta di John McEnroe, «anche se la mia esibizione migliore è stata a Bolzano contro lo spagnolo Emilio Sanchez. Mi riusciva praticamente tutto».
Come Berrettini, che si è ritirato al Queen’s e che dovrebbe stare fuori a tempo indefinito per problemi agli addominali, anche Omar (nome dovuto alla passione del papà per Sivori) ai suoi tempi si è dovuto fermare sul più bello: fra il 1992 e il 1993, specie sul veloce, valeva i migliori al mondo. «Poi è arrivato il famoso gomito del tennista, mi sono fermato sei mesi e piano piano sono rientrato. Quindi altre noie muscolari e soltanto nel 1996 sono tornato a stare bene. Nel frattempo erano cambiati il tennis, gli avversari, i materiali.
Dall’esterno non ci si rende conto che il tennista vive di routine. Quando questa viene rotta di continuo, diventa difficile rialzarsi. Matteo lo sta vivendo sulla sua pelle. La psiche ne risente tantissimo: ti chiedi in continuazione quando starai bene, se e quando tornerai ad alti livelli» spiega l’ex campione bolognese. Camporese confida che Berrettini rientri nel giro dei migliori. «Il suo tennis è aggressivo e sfiancante per la parte alta del corpo. Matteo colpisce estremamente forte, sono certo che andrà a lavorare per rinforzarsi fisicamente dov’è necessario. Ho dovuto incrementare la muscolatura per un problema al tendine rotuleo. Ma Berrettini non deve ascoltare altre sirene» osserva Omar. «Metta da parte le stupidaggini che sente in giro sulla sua vita privata, per la storia con un personaggio famoso. Noi sportivi non possiamo avere una vita sociale? Rispetto ai miei tempi è una situazione più complicata per i social, ma la verità è che la mentalità italiana è ristretta: quando si perde vanno sempre in cerca di un colpevole».
Di Nicola Sellitti
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