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Bove defibrillatore

Bove e le norme italiane, severe e giuste

Edoardo Bove avrebbe deciso di farsi impiantare un defibrillatore sottocutaneo per evitare che si ripeta un evento avverso come quello di domenica scorsa

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Bove e le norme italiane, severe e giuste

Edoardo Bove avrebbe deciso di farsi impiantare un defibrillatore sottocutaneo per evitare che si ripeta un evento avverso come quello di domenica scorsa

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Bove e le norme italiane, severe e giuste

Edoardo Bove avrebbe deciso di farsi impiantare un defibrillatore sottocutaneo per evitare che si ripeta un evento avverso come quello di domenica scorsa

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Edoardo Bove avrebbe deciso di farsi impiantare un defibrillatore sottocutaneo per evitare che si ripeta un evento avverso come quello di domenica scorsa

La scelta più logica e più dolorosa. Edoardo Bove sta meglio, è ora ricoverato nel reparto di Cardiologia dell’ospedale Careggi di Firenze. Il 22enne centrocampista della Fiorentina avrebbe deciso – per alcuni organi di stampa, l’intervento avverrà a strettissimo giro – di farsi impiantare un defibrillatore sottocutaneo per evitare che si ripeta un evento avverso come quello che domenica scorsa lo ha portato a un arresto cardiaco da aritmia ventricolare sul terreno di gioco. Questo perché gli è stata individuata una cicatrice sul tessuto cardiaco derivante da una miocardite provocata dal Covid-19 nel 2020, qualche mese prima che facessero la loro comparsa i vaccini, sebbene un esercito social abbia immediatamente tirato fuori gli slogan noVax, che ogni tanto tornano buoni come le osservazioni sulla vita che costa e sulle stagioni che non ci sono più.

L’impianto del defibrillatore sottocutaneo è un passaggio decisivo nella vita e nella carriera di Bove, perché è imposto dalle linee guida: è la stessa procedura a cui si è sottoposto Christian Eriksen, ex centrocampista dell’Inter, anche lui vittima di un arresto cardiaco durante gli Europei di tre anni fa. Eriksen non ha potuto più giocare nel calcio italiano, ora è al Manchester United dopo aver ricominciato al Brentford. Lo stesso accadrà a Bove. Non lo consentono i regolamenti medici, altrove accade, in Italia no. Insomma, l’eventuale futuro calcistico del 22enne centrocampista della Fiorentina e cresciuto nella Roma è destinato all’estero. Nel dicembre del 2023 Tom Lockyer, capitano del Luton, in Premier League, è collassato privo di sensi per un infarto: era la seconda volta, un defibrillatore gli ha evitato una tragica fine.

Tra l’altro, l’estero è sempre più spesso la meta dei migliori atleti italiani, perché l’appeal della Serie A è in caduta da qualche anno, ma vederselo imporre dai regolamenti, da un pacchetto di norme, può essere complicato da accettare. Ma sul punto non si deroga, i regolamenti italiani sono tra i più rigidi e tutelano la salute degli atleti, più che altrove. Si ricordi che è stato lo staff medico dell’Inter a salvare la vita al nigeriano Kanu, che nel 1996 si vide sostituire una valvola aortica per correggere un’anomalia cardiaca mai diagnosticata. Anche Kanu poi riprese l’attività, meno di tre anni dopo, all’Arsenal. E poi ci sono i casi recenti del romanista Ndicka, prima ancora casi noti come Lichtsteiner, Cassano, ci sono state le morti strazianti di Astori, Morosini e Curi, l’infarto che resta negli occhi di Manfredonia alla fine degli anni ’80.

di Nicola Sellitti

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