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Il calcio affoga nel silenzio

Ne abbiamo scritto solo pochi giorni fa, in relazione al turbolento addio di De Rossi alla Roma, della violenza e del becerismo intorno al mondo del calcio

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Il calcio affoga nel silenzio

Ne abbiamo scritto solo pochi giorni fa, in relazione al turbolento addio di De Rossi alla Roma, della violenza e del becerismo intorno al mondo del calcio

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Il calcio affoga nel silenzio

Ne abbiamo scritto solo pochi giorni fa, in relazione al turbolento addio di De Rossi alla Roma, della violenza e del becerismo intorno al mondo del calcio

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Ne abbiamo scritto solo pochi giorni fa, in relazione al turbolento addio di De Rossi alla Roma, della violenza e del becerismo intorno al mondo del calcio

Ne abbiamo scritto solo pochi giorni fa, in relazione al turbolento addio di Daniele De Rossi alla Roma: tocca subito, però, tornare a occuparci del perdurante dramma della violenza e del becerismo intorno al mondo del calcio. 

Prima degli eventi romani, in Cagliari-Napoli gli ultras si erano tirati addosso di tutto sugli spalti, rischiando di coinvolgere anche appassionati, famiglie e bambini. 

Classico episodio in cui per la milionesima volta ci chiediamo per quale misterioso motivo quando ci rechiamo allo stadio, per piacere o per lavoro – come nel caso del sottoscritto – veniamo giustamente perquesiti e privati dei tappi delle bottigliette di plastica e questi signori riescono a far entrare in curva o sugli spalti di tutto. Non più tardi di qualche giorno fa, a San Siro per Milan-Liverpool di Champions League, ho sentito esplodere almeno una quindicina di bombe carta e ieri sera al Maradona non si riusciva a cominciare il secondo tempo di Napoli-Palermo (partita di evidente interesse mondiale…) fra petardi, bomboni, fumogeni e qualsiasi altra cosa che a quanto mi risulta non dovrebbero poter entrare in uno stadio. E invece…

Di Roma abbiamo già scritto e non ci ripeteremo riguardo la vergogna delle minacce di morte di cui è stata oggetto l’ormai ex amministratrice delegata della società giallorossa. A Genova, in occasione del derby di Coppa Italia dell’altro ieri sera, è successo di tutto, secondo uno schema ben noto. 48 i feriti. E siamo al 27 settembre, all’alba della nuova stagione. 

Confessiamo tutto il nostro disagio nel continuare a ripetere sempre gli stessi concetti, scrivere sempre le stesse cose, lamentarci costantemente degli stessi atteggiamenti. 

Qualcosa da aggiungere, in verità, c’è: il profondo sconforto determinato da un certo senso di solitudine. Ormai non ne scrive quasi più nessuno, non se ne parla perché è più importante che la Roma di Jurić abbia poi battuto l’Udinese tre a zero e a chi vuoi che interessi cosa diamine sia accaduto solo poche ore prima. I regolamenti di conti per questioni di spaccio o altra criminalità che coinvolgono “leader“ delle curve sono tutto tranne che casi isolati. 

In questo quadro sconfortante e nella consapevolezza di un’impotenza imbarazzante, in molti hanno ormai persino rinunciato a parlarne. Ridotti a sperare che certi soggetti semplicemente svaniscano con il tempo, inghiottiti da chissà quale buco nero. Nel frattempo, continuiamo a non trovare valide motivazioni da opporre a chi negli anni ci ha chiesto perché mai dovrebbe portare il figlio allo stadio, considerato il rischio tutt’altro che remoto di finire invischiato in episodi disturbanti o anche solo di dover dividere lo spazi con gente che a tutta evidenza non ha alcun rispetto del prossimo (e della legge). 

Quanto agli ideali e ai valori sportivi, almeno cerchiamo di non prenderci per i fondelli. 

di Fulvio Giuliani

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