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Carlo Ancelotti, una leggenda. Punto

Con il trionfo di ieri, Carlo Ancelotti arriva a 4 Champions League vinte da allenatore (più 2 da calciatore). C’è chi preferisce normalizzare i suoi traguardi perché ‘ha sempre allenato squadre forti’. Ma nel calcio non si vince per inerzia.
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Carlo Ancelotti, una leggenda. Punto

Con il trionfo di ieri, Carlo Ancelotti arriva a 4 Champions League vinte da allenatore (più 2 da calciatore). C’è chi preferisce normalizzare i suoi traguardi perché ‘ha sempre allenato squadre forti’. Ma nel calcio non si vince per inerzia.
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Carlo Ancelotti, una leggenda. Punto

Con il trionfo di ieri, Carlo Ancelotti arriva a 4 Champions League vinte da allenatore (più 2 da calciatore). C’è chi preferisce normalizzare i suoi traguardi perché ‘ha sempre allenato squadre forti’. Ma nel calcio non si vince per inerzia.
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Con il trionfo di ieri, Carlo Ancelotti arriva a 4 Champions League vinte da allenatore (più 2 da calciatore). C’è chi preferisce normalizzare i suoi traguardi perché ‘ha sempre allenato squadre forti’. Ma nel calcio non si vince per inerzia.
Avevamo già scritto molto – ancora una volta – di Carlo Ancelotti, dopo la spettacolare ed emozionante semifinale contro il Manchester City di Pep Guardiola. Ora che la missione è stata compiuta e lo straordinario tecnico italiano ha vinto la 14ª Champions League della storia del Real Madrid (in una finale invero alquanto moscia, almeno da parte delle merengues), si può riavvolgere un po’ il nastro e ricordare l’ordine delle cose. La 14ª Coppa dei Campioni dei Blancos è la quarta personale di Carletto Ancelotti, due vinte ai tempi d’oro del Milan e due con il Real, appunto. Nessuno come lui, mai. Semplicemente.  Eppure, fermarsi alla statistica direbbe poco o comunque non abbastanza di questo straordinario interprete del calcio, prima in campo e poi in panchina. Perché Ancelotti non verrà ricordato per rivoluzioni tattiche o la pretesa (non senza ragioni) di aver reinventato il calcio, come nei casi del già citato Guardiola o del suo maestro Arrigo Sacchi. Troverete sempre qualcuno disposto a cedere alla tentazione di ricordarvi quanto, in fin dei conti, Carletto abbia sempre allenato squadre talmente forti da non poter che vincere. Quasi per inerzia. Un ragionamento che ha inseguito altri fenomeni dello sport. Si pensi ai campioni di Formula 1, così inscindibili dalle macchine che guidano (Schumacher o Hamilton avrebbero vinto tanto senza quelle Ferrari e Mercedes? Noi preferiamo chiederci quanto la Rossa o la Freccia d’argento avrebbe potuto vincere senza Michael o Lewis). Lo stesso dicasi per Ancelotti: ha vinto tutti e cinque i principali campionati europei, è il recordman assoluto di vittorie in Champions League, ha un palmares – sia da giocatore, che da allenatore – semplicemente spaventoso. Soprattutto vi facciamo una domanda: perché tanti colleghi, pur rinomati, alla guida delle stesse squadre non hanno ottenuto gli stessi risultati? Può sempre essere il caso o la fortuna a determinare i risultati nella vita? Quesiti retorici, perché davanti ai grandissimi converrebbe riconoscere il tocco del fuoriclasse e non perdere tempo a cercare crepe o chissà quali astruse spiegazioni. Quando si ha la fortuna di incrociare i fenomeni, conviene prendere appunti e imparare. In particolar modo da quelli che sanno non smarrire la modestia e la voglia di godersi il gioco più bello del mondo. Di Fulvio Giuliani

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