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Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto della stella

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Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto. Cent’anni dopo, il Genoa attende ancora la sua stella, dopo averla sfiorata per colpa della mano nera di un burattinaio

Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto della stella

Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto della stella

Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto. Cent’anni dopo, il Genoa attende ancora la sua stella, dopo averla sfiorata per colpa della mano nera di un burattinaio

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Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto della stella

Come il fascista Arpinati scippò al Genoa lo scudetto. Cent’anni dopo, il Genoa attende ancora la sua stella, dopo averla sfiorata per colpa della mano nera di un burattinaio

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Agosto del 1925, le sette del mattino. Nella periferia di Milano si sta per giocare una partita. E non è una gara da poco. Ma la sfida decisiva per l’assegnazione del titolo di campione della Lega Nord del campionato di Serie A di calcio. La strada che ha portato a quel match è stata lunga e tortuosa e ha avuto inizio nel maggio di quell’anno.

Protagoniste sono il Bologna – che si sta affermando come forza emergente – e il Genoa, la più antica società italiana, con nove titoli già in bacheca e tanta voglia di conquistarne un altro, che vorrebbe dire potersi fregiare della stella del decimo scudetto. La prima sfida, dalla quale uscirà la finalista per il titolo nazionale, ha sede nel capoluogo emiliano e vede i rossoblù genoani imporsi per 2-1. Al ritorno però vincono i felsinei. Si rende necessaria quindi una terza gara, da disputarsi il 7 giugno a Milano.

In campo il Genoa va sul 2-0, ma dopo un gol non concesso al bolognese Muzzioli, i tifosi del Bologna entrano in campo, costringendo l’arbitro Mauro a fermare il match per ben 13 minuti. Alla ripresa del gioco i genoani, rassicurati dal direttore di gara, sono convinti che la partita prosegua soltanto per motivi di ordine pubblico, certi della vittoria a tavolino. Ecco perché, quando il Bologna accorcia le distanze portandosi sul 2-1 e poi segna il gol del pareggio, nessuno dei calciatori del Grifone sembra preoccuparsi più di tanto, al punto da rifiutare persino di disputare i tempi supplementari.

La questione finisce così negli uffici della Federcalcio, con la conseguenza che il 27 giugno viene ordinata la ripetizione della gara. Qui entra in gioco Leandro Arpinati. Si tratta del vice presidente del Partito fascista, grande tifoso del Bologna, con forti entrature presso i vertici del calcio italiano. Quando, il 7 luglio a Torino le due squadre scendono in campo per la quarta sfida di quell’interminabile serie di partite, in molti sono convinti di scorgerlo nelle tribune. La gara finisce 1-1.

Alla stazione di Porta Nuova, mentre le due tifoserie stanno salendo a bordo dei treni speciali che le riporteranno a casa, alcuni supporter bolognesi sparano verso il convoglio dei genoani. Venti colpi, due dei quali vanno a segno ferendo altrettante persone. La Figc chiede al Bologna di individuare i responsabili dell’accaduto, pena la squalifica. Ma gli emiliani non ci stanno e organizzano una protesta pubblica in città, con il sostegno delle autorità politiche locali, primo fra tutti proprio Arpinati, il quale fa valere il proprio prestigio in seno alla Federazione. La quale, non sorprendentemente, torna sui propri passi e opta per la disputa di una quinta partita, il 9 agosto, ancora una volta a Torino.

Ma dal capoluogo piemontese fanno sapere che, dopo i fatti di poche settimane prima, non hanno alcuna intenzione di ospitare il match. Così l’incontro, a sole 24 ore dal fischio d’inizio, viene trasferito a Milano. Il Genoa riceve la notizia soltanto quando è già arrivato in Piemonte e quindi è costretto a rimettersi in viaggio in fretta e furia. Il Bologna invece, già a conoscenza della variazione grazie alle aderenze di Arpinati con i vertici federali, arriva comodamente in Lombardia la sera prima dell’incontro.

La partita finirà 2-0 per i rossoblù emiliani, che poi vinceranno il titolo nazionale battendo in finale l’Alba Roma. Arpinati, dopo quelle vicende, farà una carriera sfavillante: prima podestà di Bologna, poi nel 1926 presidente della Federazione italiana gioco calcio e successivamente numero uno del Coni. A dimostrazione che l’ingerenza nella vittoria del Bologna, su cui a lungo si era malignato, non era affatto un’ipotesi campata in aria. Il Genoa, invece, attende ancora la sua stella. Che magari un giorno arriverà. Cent’anni dopo averla soltanto sfiorata per colpa della mano nera di un burattinaio.

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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