Con lei l’Italia saltò, parla Sara Simeoni
I salti di Sara Simeoni sono impressi nella scatola nera di diverse generazioni. Alla soglia di quasi 70 anni, ripercorriamo con lei un pezzo di storia dello sport
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Con lei l’Italia saltò, parla Sara Simeoni
I salti di Sara Simeoni sono impressi nella scatola nera di diverse generazioni. Alla soglia di quasi 70 anni, ripercorriamo con lei un pezzo di storia dello sport
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I salti di Sara Simeoni sono impressi nella scatola nera di diverse generazioni. Alla soglia di quasi 70 anni, ripercorriamo con lei un pezzo di storia dello sport
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I salti di Sara Simeoni sono impressi nella scatola nera di diverse generazioni. Alla soglia di quasi 70 anni, ripercorriamo con lei un pezzo di storia dello sport
Alle elementari la sua passione era la danza, ispirata com’era dalle gemelle Kessler. Alle medie ecco l’atletica, il salto in alto: la password d’accesso alle leggende dello sport italiano, con il doppio record mondiale del 1978 oltre i due metri e l’oro olimpico a Mosca, due anni dopo, ai Giochi del boicottaggio statunitense. Quei balzi di Sara Simeoni sono scolpiti nella scatola nera di diverse generazioni. Come il primato sui 200 metri a Città del Messico di Pietro Mennea o l’urlo di Marco Tardelli nella finale di Spagna ‘82.
Ci accompagnano ancora oggi che Sara si avvicina (il 19 aprile, ndr.) ai 70 anni. «L’età avanza, gli acciacchi ci sono ma lo spirito resta quello di una ragazza che attraverso l’atletica ha lasciato il suo paesino e continua a viaggiare» ci racconta. «Quando vado nelle scuole c’è sempre entusiasmo e un senso di gratitudine, eppure ho smesso nel 1986. Siamo stati campioni e punti di riferimento in un’epoca dolorosa per il Paese, quella del terrorismo. Con i nostri successi abbiamo regalato una speranza» riflette il fenomeno del salto in alto, primatista italiana sino al 2007.
Nel 2014 il Coni l’ha nominata donna dello sport italiano. I trionfi di Sara si sono intrecciati agli sprint di Mennea. Sara e Pietro hanno condiviso gli inverni di fatica e allenamento a Formia, le battaglie olimpiche, le vittorie, le sconfitte, i record e grazie a lei lo sport femminile si è conquistato lo spazio che meritava. «Dopo quei successi, alle gare femminili il pubblico c’era, eccome» ricorda Simeoni. «Gli spettatori stavano imparando a seguire lo sport femminile sulla scia del racconto dei quotidiani e delle riviste che iniziavano a darci lo spazio che grazie alle prestazioni ci spettava ormai di diritto. Siamo state testarde, ci siamo riuscite. Io, come apripista, sono stata decisamente testarda».
Sara ride, scherza, racconta. La presenza alla trasmissione Rai “Circolo degli Anelli” durante l’estate dei Giochi di Tokyo e poi per i Mondiali di calcio in Qatar l’ha resa ancor più disinvolta e autoironica. Ha scritto “Una vita in alto” (Rai Libri) insieme a Marco Franzelli, giornalista storico della Rai: ricordi e aneddoti in trent’anni di balzi. Tra i più divertenti retroscena, il bacio – ai lati della pedana – a uno sconosciuto fotografo dopo l’argento alle Olimpiadi di Los Angeles, così inatteso per la forma fisica precaria. E poi il conferimento del titolo di Grande Ufficiale della Repubblica da parte del presidente Cossiga: orgogliosamente sardo, era rimasto colpito dall’addio alle competizioni annunciato dalla saltatrice al termine di una gara proprio in Sardegna.
«L’Italia dello sport vive un momento straordinario. Jacobs, Sinner, Ceccon: c’è stato un grande ricambio generazionale, gli stranieri non ci sembrano più marziani» dice Sara. «Il mio unico rimpianto è che gli sportivi di oggi sono meno autentici. È inevitabile. Forse per i social, forse perché anche lo sport segue la società che brucia e consuma tutto in pochi attimi. Si è persa un po’ di genuinità».
di Nicola Sellitti
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