Cresciuti con lui
Ricordiamo così, oggi su La Ragione, Gianluca Vialli: il campione della nostra generazione non solo in questo sport meraviglioso che è il calcio ma nella vita.
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Ricordiamo così, oggi su La Ragione, Gianluca Vialli: il campione della nostra generazione non solo in questo sport meraviglioso che è il calcio ma nella vita.
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Ricordiamo così, oggi su La Ragione, Gianluca Vialli: il campione della nostra generazione non solo in questo sport meraviglioso che è il calcio ma nella vita.
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Ricordiamo così, oggi su La Ragione, Gianluca Vialli: il campione della nostra generazione non solo in questo sport meraviglioso che è il calcio ma nella vita.
Non vogliamo raccontare il campione della nostra generazione concentrandoci sulla battaglia contro l’unico avversario che aveva capito di non poter battere. O meglio, vogliamo provare ad andare oltre la cronaca della grande dignità delle ultime settimane di vita di un ragazzo – i grandi atleti in qualche misura restano ragazzi per sempre – che è stato il simbolo dell’epoca d’oro del nostro pallone. E anche della più grande delusione per l’intero movimento italiano.
Perché non puoi pensare a Gianluca Vialli e non correre con la memoria alle “notti magiche”, al Mondiale di casa nostra del 1990, quello che avremmo dovuto proprio vincere (…). Non andò così, non fu il suo Mondiale, lo toppò clamorosamente, mentre si accendeva il fuoco fatuo di Totò Schillaci ed esplodeva Roberto Baggio. Ma come, si parte da una cocente sconfitta e dalla più forte delusione di una carriera per ricordare un grande nel giorno dell’addio?
Sì, abbiamo scelto di partire da Italia 90, dal grande appuntamento mancato dal nostro simbolo di allora, per ricordare il campione e soprattutto l’uomo. Che non fece mai nulla per nascondere la consapevolezza di essere stato il più sconfitto di tutti, perché era perfettamente consapevole di avere più responsabilità di chiunque altro.
È il peso della leadership che Gianluca Vialli ha sempre esercitato con il soft power tipico di chi non ha bisogno di alzare la voce o dare in escandescenze per segnalare la propria presenza e imporre la propria idea di “gruppo”. Avrebbe magnificamente portato a compimento il compito da lì a pochi mesi, realizzando una di quelle favole che ogni tanto il calcio regala e che sono fra le motivazioni profonde per cui milioni di persone amano irrazionalmente uno sport in cui vincono quasi sempre gli stessi. Quasi, come nel caso della leggendaria Sampdoria di Vialli e Mancini, Campione d’Italia nel 1991.
Vialli e Mancini: come si può mai ricordare l’uomo e il calciatore, senza correre con la mente e i ricordi al suo “gemello del goal”?(…). Trent’anni dopo quella favola blucerchiata, si sarebbero ritrovati ingrigiti e lui, Gianluca, segnato profondamente dal male ad abbracciarsi come allora. VialliMancini, da leggere rigorosamente tutto attaccato (…).
Immagine capace di resistere lungo un arco temporale di oltre tre decenni, dall’epoca d’oro del nostro calcio. Quando la Premier League eravamo noi, tutti i più grandi giocavano da noi e ci sentivamo i padroni. Un po’ come i bambini che, proprietari del Super Santos, potevano decidere chi giocasse la partitella in cortile. Ecco perché Gianluca Vialli, oltre la maledizione e la sfortuna di una malattia subdola e spietata, colpisce l’immaginario. Chi c’era e ricorda distintamente le sensazioni di allora e i loro figli, a cui passare con il racconto il testimone della passione. Il carburante che riavvia ogni giorno la macchina più bella per gli adulti mai troppo cresciuti: il calcio.
di Fulvio Giuliani
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