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cristiano ronaldo panchina

Ronaldo non è amore

Cristiano Ronaldo in panchina che non esulta al primo gol del suo Portogallo. Per alcuni una notizia, ma chi segue il calcio, sa bene che CR7 ha sempre messo un solo elemento al centro della sua carriera: sé stesso
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Ronaldo non è amore

Cristiano Ronaldo in panchina che non esulta al primo gol del suo Portogallo. Per alcuni una notizia, ma chi segue il calcio, sa bene che CR7 ha sempre messo un solo elemento al centro della sua carriera: sé stesso
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Ronaldo non è amore

Cristiano Ronaldo in panchina che non esulta al primo gol del suo Portogallo. Per alcuni una notizia, ma chi segue il calcio, sa bene che CR7 ha sempre messo un solo elemento al centro della sua carriera: sé stesso
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Cristiano Ronaldo in panchina che non esulta al primo gol del suo Portogallo. Per alcuni una notizia, ma chi segue il calcio, sa bene che CR7 ha sempre messo un solo elemento al centro della sua carriera: sé stesso
Oggi, molti hanno scoperto ciò che chi “sente” il calcio nel modo più viscerale e profondo sa da sempre: Cristiano Ronaldo non genera amore. Rispetto profondo per numeri mai visti e forse irripetibili, sacro timore di un avversario un tempo pressoché imbattibile, certo che sì. Ma passione, amore e sogno molto poco. Quasi nulla. Il suo stesso crepuscolo – fermo restando che potrebbe ancora segnare pagine straordinarie al Mondiale e che un campione di questo talento e convinzione nei propri mezzi è sempre meglio non perderlo di vista – è il miglior compendio del personaggio. Semplicemente rifiuta la realtà, non l’accetta, perché non al suo livello. Il mondo di Cristiano Ronaldo è Cristiano Ronaldo, non c’è altro. I club non gli sono mai interessati, se non come taxi (citazione voluta di un uomo di altri universi, Enrico Mattei, lui parlava dei partiti) per arrivare ai record personali. Unica, profonda ragion d’essere della sua carriera. Non ha mai sviluppato un rapporto speciale con una maglia. Semmai con degli allenatori, come nel caso di Sir Alex Ferguson al Manchester United. Ma dei club, dei compagni e dei loro tifosi a questa impareggiabile macchina da goal non è mai fregato più di tanto. Diverso il discorso in Nazionale, dove Ronaldo ha trovato una dimensione oggettivamente diversa. Ecco perché deve essergli apparso sommamente intollerabile l’ultimo schiaffo, l’esclusione dell’altra sera. Ecco perché non ha avuto la forza – neppure ci avrà pensato, in tutta verità – di far finta di festeggiare il goal dell’uno a zero, realizzato alla Svizzera proprio dal suo giovane sostituto Ramos. Testa china, faccia scura, manco il Portogallo il goal l’avesse preso. Si è sciolto giusto un po’ alla rete del suo sub-capitano Pepe, facendo la grazia ai compagni di sollevare le terga dalla panchina e andare a condividere con loro la gioia della rete. Un alieno, come alieno è sempre stato in ogni spogliatoio. Ricordiamo quando era ancora all’apice, ai tempi dell’eterno duello con Leo Messi e dei paragoni ricorrenti con i fenomeni del passato. Allora, era difficile sottrarsi al canto unico delle sirene del fenomeno CR7: da parte nostra, ci siamo sempre limitati a fare un banalissimo esempio, per spiegare chi fosse e non fosse il fenomeno portoghese. Qualcuno di voi ricorda quale sia il suono, il tono, qualsiasi caratteristica della voce di Cristiano Ronaldo? Risparmiatevi la fatica, è impossibile. L’avrete sentita in qualche spot, lieve e insignificante, come la voce di chi ha scelto di esistere solo per se stesso e non ha bisogno di comunicare fuori dal terreno di gioco. Lì, è stato ed è CR7. Tutto ciò che vuole e gli serve, idolo perfetto del consumismo in stile III millennio. Quando deciderà di smettere, più o meno non se ne accorgerà nessuno fra i suoi fan più scatenati, i ragazzini che continueranno a trovarne una versione straordinariamente fedele nella PlayStation. Di Fulvio Giuliani

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