Giocatori e “mentalità ultras”
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                Le imbarazzanti dichiarazioni del calciatore della Lazio Danilo Cataldi nel testimoniare per l’aggressione subita insieme alla moglie
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
Giocatori e “mentalità ultras”
Le imbarazzanti dichiarazioni del calciatore della Lazio Danilo Cataldi nel testimoniare per l’aggressione subita insieme alla moglie
        
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Giocatori e “mentalità ultras”
Le imbarazzanti dichiarazioni del calciatore della Lazio Danilo Cataldi nel testimoniare per l’aggressione subita insieme alla moglie
        
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Sconforto è dir poco. Incredulità forse più adatto a descrivere il sentimento che ha colto tanti – noi fra questi – nel leggere le imbarazzanti dichiarazioni del calciatore della Lazio Danilo Cataldi rese non al bar (sarebbe ovviamente stato grave lo stesso), ma davanti a un magistrato nel testimoniare per l’aggressione subita insieme alla moglie nel 2017, ai tempi della sua militanza nel Genoa.
Aggressione a calci e schiaffi, subita come detto anche dalla consorte, in una tipica azione violenta di stampo ultras mirante a “punire“ il calciatore per non aver rispettato il codice interno degli ultras stessi. Cataldi, infatti, aveva acconsentito a una foto con alcuni tifosi, che secondo questi surreali personaggi il giocatore avrebbe dovuto rifiutare di farsi scattare in quanto ritenuto “persona non degna” dal gruppetto di ultras genoani presunto responsabile della spedizione.
All’evidenza un ragionamento così squallido e scadente da non poter neppure essere definito tale. Uno dei tanti prodotti della sottocultura della sedicente “mentalità ultras“, da sempre solo una volgare scusa per coprire il regolare ricorso alla violenza verbale e – come in questo caso – fisica. Vi starete chiedendo perché Cataldi abbia “derubricato“ il gravissimo atto compiuto nei confronti della moglie a – citiamo testualmente – “contestazione minima“? Un’aggressione a calci e schiaffi sarebbe una “contestazione minima“…
Voi capite che ci troviamo di fronte a una palese distorsione della realtà e il fatto che questo accada ai propri stessi danni e addirittura ai danni della moglie rende ancora più allucinante il tutto. Tanto è vero che gli stessi magistrati, durante la deposizione del calciatore, sono rimasti letteralmente basiti.
Purtroppo, siamo alle solite: non ci si vuole inimicare questi soggetti, anche se giochi a centinaia di chilometri di distanza. Perché la rete funziona e pure fra tifoserie “nemiche“ uno sgarro è considerato imperdonabile. Quando si scontrano, per farla breve, si possono accoltellare, ma si farà sempre fronte comune contro il mondo esterno. La pressione di questi gruppi, per troppi anni accarezzati e blanditi da tutti (società, calciatori, procuratori e compagnia cantante) conta più della necessità di saper tutelare le sacrosante ragioni della propria moglie. Travolto dalle polemiche, il giocatore ha cercato un dietrofront via Instagram. “Mai minimizzato” e la moglie conferma. Dopo, la bufera.
In giorni come questi, fateci aggiungere, vien voglia di sbattere la testa al muro per il grado di sconcerto che una storia del genere riesce a determinare.
di Fulvio Giuliani 
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