Ibra è l’ultima star, a 41 anni e con le ginocchia malandate. Ora il campionato italiano, in vacanza dopo una stagione mediocre, deve reinventarsi. Niente sogni distopici su stadi moderni e funzionali, servono campioni e un prodotto televisivo di qualità. Le basi. I dati Auditel sull’audience del massimo campionato – Dazn in perdita del 30% rispetto agli ascolti di Sky dell’anno precedente – confermano che la Serie A piace poco da anni, ancora di meno nell’era Dazn. La distanza con la Premier League è siderale: fuoriclasse, intensità, stadi pieni e quella partecipazione emotiva a un evento che non fa cambiare canale. I diritti tv della Premier sono venduti all’estero fino al 2025 per sei miliardi di euro. Per la Serie A ci sono appena 600 milioni.
Servono i talenti che accendono fantasie. E in attesa che i club la smettano di legare le entrate ai soli diritti tv, si avanzi una riflessione sulla confezione dell’italico prodotto televisivo. Mediaset ha fatto il pieno di ascolti per la finale di Coppa Italia tra Inter e Juventus. Partita accesa, nessun segnale che sparisce o una maledetta rotellina che gira a vuoto per minuti. La Serie A invece annoia e perde spettatori. Tra due anni l’esclusiva di Dazn si esaurisce e ci sarà un nuovo bando (al ribasso) per la vendita dei diritti tv. Un anno fa i presidenti della Serie A si sono lasciati ingolosire dall’assegno più che da Dazn, mai scelta fu più sbagliata. Si deve rimediare in corsa, dirottando i diritti Dazn su Amazon, su Sky. Si faccia quanto prima.
Di Nicola Sellitti
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