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È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo

È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo. Addio alla voce che ci ha fatto sognare. Sue le telecronache più emozionanti

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È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo

È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo. Addio alla voce che ci ha fatto sognare. Sue le telecronache più emozionanti

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È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo. Addio alla voce che ci ha fatto sognare. Sue le telecronache più emozionanti

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È morto Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo. Addio alla voce che ci ha fatto sognare. Sue le telecronache più emozionanti

Spesso si sprecano i luoghi comuni, non in questo caso. Davvero una buona fetta dell’Italia innamorata del calcio oppure che ha seguito anche solo una volta una partita della Nazionale oggi ricorda con dolore e tristezza Bruno Pizzul.

Il leggendario telecronista friulano è morto questa notte all’ospedale di Gorizia, a quasi 87 anni. Un gigante del mestiere, una voce unica, un tratto e un garbo ora introvabile, un pezzo di cultura del nostro paese. Ci sono ora immagini che saltano ora alla memoria. Fissate da decenni nella nostra scatola nera: le sue urla di gioia ai gol di Totò Schillaci ai Mondiali di Italia ’90. Poi il racconto della cavalcata azzurra a Usa ’94 con le reti di Roberto Baggio, uno dei suoi pallini. Ha adorato Maradona e Ronaldo (il brasiliano), gli è mancato di raccontare l’Italia campione del mondo. È accaduto ad altri fuoriclasse come Paolo Maldini o Franco Baresi, a volte lo sport sa essere crudele.

Da diversi anni Pizzul era andato in pensione senza rilanciarsi in altre versioni. Restando una figura legata alla Rai e nel frattempo è esploso un nuovo modo di condurre le telecronache. Con la presenza della seconda voce, la voce tecnica e una prima voce assai più “ingombrante”, con la tendenza all’aggettivazione, al racconto esasperato. Una costante dimostrazione di competenza. Mentre Pizzul, che era un trattato di competenza, andava sempre per sottrazione: mai una parola, un aggettivo, un verbo in più, i protagonisti erano i calciatori. Una telecronaca di servizio, lui stesso in diverse circostanze aveva spiegato che l’eccessiva presenza del telecronista lo portava ad assopirsi durante le partite. Anche perché aveva in faretra un asso che non può esibire praticamente nessuno: quel timbro inconfondibile, che lo renderà eterno.

Di Nicola Sellitti

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