È morto Carlo Mazzone: aveva 86 anni
È morto Carlo Mazzone: aveva 86 anni
È morto Carlo Mazzone: aveva 86 anni
Il timing nello sport è un elemento essenziale. E allora se proprio Carlo Mazzone doveva lasciarci, ha saputo cogliere il momento, riportandoci – anche se solo temporaneamente – al calcio vero, genuino che tanto ci è piaciuto e che ci manca, nell’estate dei veleni e delle scenette grottesche che siamo stati costretti a osservare. Calcio senza sovrastrutture, senza veleni, senza quella patina che ora ci sembra così poco digeribile.
Totti, Baggio, Pirlo, Guardiola. Un concentrato di talento inestimabile, forse i tre talenti più puri del calcio italiano e uno scienziato del gioco, in campo e poi in panchina come lo spagnolo hanno venerato Mazzone. Per loro è un intoccabile. un venerabile maestro, un padre. Se lo sono ritrovati lungo la strada in momenti diversi della carriera, pronunciando per l’ex tecnico della Roma un fiume di parole sempre cariche di affetto e riconoscenza.
Guardiola lo invitò per la finale di Champions League del 2009 del suo Barcellona contro il Manchester United. Mazzone rimase stupito dal gesto: uno degli ultimi tweet arrivati dal profilo ufficiale dell’ex tecnico della Roma (e gestito dal nipote) è stato per lo spagnolo, dopo il successo in finale di Champions del Manchester City sull’Inter. Uomini agli antipodi, per carriera e formazione, ma uniti dall’umanità nei rapporti.
Non è un caso, ovviamente, che simili artisti del pallone abbiano avuto un feeling speciale con Mazzone. Italianista convinto, Carletto era un amministratore della qualità tecnica, sapeva coltivare e conservare il talento. E’ stato lui, prima di Ancelotti al Milan, a piazzare Pirlo davanti alla difesa, a governare palloni. Ha fatto crescere Totti tra bastone e carota, prendendolo in consegna dai genitori, preservandolo dalle tentazioni, portandolo sino alla maturazione, poi avvenuta con Zeman.
Sul rapporto con Baggio si entra nel romanticismo del calcio. L’ha voluto a Brescia convincendo l’allora presidente Corioni. Baggio conviveva con i suoi dolori, andava gestito, curato. Si allenava a casa sua, a Vicenza, poteva allenarsi a pieno regime con i compagni solo una volta alla settimana. Mazzone l’ha capito e anche amato, andando a segno nel cuore del Codino, indurito dai rapporti quasi sempre complicati con i tecnici. Tranne che con lui, perché l’umanità e anche la schiettezza di Mazzone andava oltre tutto. Si sono voluti bene.
Mazzone se ne va poco prima del via al campionato italiano. Un minuto di silenzio su tutti campi. Si spera che la sua traccia, estremamente visibile in noi che l’abbiamo adorato, sia portata avanti, almeno in parte. Ma quel calcio davvero non c’è più.
di Nicola Selitti
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