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“Elogio” di certi quarti posti

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Ci sono quarti posti che valgono e parlano da soli e che ci ricordano quanto valga aver dato tutto quello che era umanamente possibile dare

Pilato quarto posto

“Elogio” di certi quarti posti

Ci sono quarti posti che valgono e parlano da soli e che ci ricordano quanto valga aver dato tutto quello che era umanamente possibile dare

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“Elogio” di certi quarti posti

Ci sono quarti posti che valgono e parlano da soli e che ci ricordano quanto valga aver dato tutto quello che era umanamente possibile dare

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Elogio del quarto posto. Ma come, direte voi, i quarti posti, le famigerate medaglie di legno inesistenti e beffarde, da elogiare dopo i primi 8 giorni di Olimpiade in cui ne abbiamo inanellate ben 11?! Ebbene sì, perché ci sono quarti posti che valgono e parlano e quarti posti del tutto anonimi. La Pilato e la Quadarella in vasca, i ragazzi dello Judo, Tammaro Cassandro nello skeet e tanti altri (purtroppo) ci ricordano quanto valga aver dato tutto quello che era umanamente possibile dare e provare la meravigliosa sensazione dell’essere in pace con noi stessi.

La Pilato che si rivolge ai suoi coetanei, ricordando i tanti ambiti in cui qualche adulto si permette di sindacare i sogni e le aspirazioni dei ragazzi, rende un grande servizio a se stessa, al Paese e anche a chi si ostina a ragionare per partito preso e preconcetti. La Pilato che manda elegantemente a stendere l’irrispettosa e raffazzonata Di Francisca è una grande risposta ai luoghi comuni del cattivismo.

Quello che nelle ultime ore ha trovato da Trump a Putin uno splendido bersaglio nella pugile algerina bollata (perché poi sarebbe da bollare?) come transessuale. Tutto questo dal quarto posto della ‘vergogna’, secondo la Di Francisca demolita a distanza e mai nominata dalla nuotatrice che rappresenta una delle nostre speranze per il futuro in vasca.

Quanti quarti, quinti e sesti posti hanno costituito la nostra benzina per gli ori di oggi? La Stanco nel tiro a volo, de Gennaro nella canoa, Bellandi nello judo sono alcuni degli atleti che prima della gloria olimpica hanno conosciuto l’amarezza devastante di un obiettivo sfuggito per nulla dopo 4 anni di lavoro. 4 anni per un quarto posto.

Poi si riprende, si ricomincia, si riparte. E si vince. Senza alibi, puntando forte su se stessi. È lo sport, è la vita e chi fa il fenomeno sulle sofferenze altrui ne sa poco di entrambi.

Di Fulvio Giuliani

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