Ci sono finali come cerchi che si chiudono, addii che lasciano un sorriso invece dell’amaro in bocca. È quello che succede con l’annuncio della rescissione consensuale del contratto fra Christian Eriksen e l’Inter. Sei mesi dopo il malore in campo, le immagini di lui accasciato a terra durante Danimarca-Finlandia, e a pochi giorni dalla notizia che il calciatore ha ripreso ad allenarsi.
Non vestirà più una maglia del club nerazzurro, lo impedisce la normativa che in Italia è più stringente che altrove: non si può essere idonei all’attività agonistica con un defibrillatore cardiaco come quello che gli è stato impiantato. E per fortuna, perché quello che è accaduto il 12 giugno sul terreno di gioco è scolpito negli occhi e nella memoria di tutti. In altri Paesi le norme sono diverse, per il momento Eriksen sta ricominciando con gli allenamenti, da solo, all’Odense, la squadra danese in cui la sua avventura sportiva cominciò. Poi, chissà.
Intanto si chiude la sua avventura nerazzurra e non sono retorica le parole del vicepresidente Zanetti che scrive «Questa sarà sempre casa tua» e sottolinea come la gioia più grande sia aver visto questo 29enne riprendere in mano la propria carriera e la propria vita, dopo quegli istanti terribili. «Resterà un legame forte e indissolubile» recita il comunicato ufficiale dell’Inter. Sembra strano leggerlo nel giorno di un addio ma, al di là del valore sportivo, è la vicenda umana a non poter essere dimenticata. E quello di Eriksen, oggi, non può essere altro che un lieto fine.
di Mery Gelmi
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