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Esonero Fonseca

Fonseca, sbagliato dall’inizio

Paulo Fonseca, da qualche ora ex allenatore del Milan, sapeva già tutto da oltre 24 ore. Era già tutto scritto

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Fonseca, sbagliato dall’inizio

Paulo Fonseca, da qualche ora ex allenatore del Milan, sapeva già tutto da oltre 24 ore. Era già tutto scritto

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Fonseca, sbagliato dall’inizio

Paulo Fonseca, da qualche ora ex allenatore del Milan, sapeva già tutto da oltre 24 ore. Era già tutto scritto

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Paulo Fonseca, da qualche ora ex allenatore del Milan, sapeva già tutto da oltre 24 ore. Era già tutto scritto

Un tecnico già esonerato, ma spedito in conferenza stampa e davanti alle tv, nel silenzio fragoroso dei dirigenti e della proprietà. Paulo Fonseca, da qualche ora ex allenatore del Milan, sapeva già tutto da oltre 24 ore, così come i cronisti che seguono le vicende del club rossonero. Era già tutto scritto, insomma, il pari interno con la Roma ha messo solo i sigilli a una sceneggiatura già stampata. E se l’esonero del tecnico portoghese può anche essere compreso alla luce della classifica assai deludente, con il Milan a quasi dieci punti dalla zona Champions League e a -13 dall’Inter in appena 18 partite di campionato, ha lasciato basiti il comportamento dei dirigenti milanisti (contestati a lungo dalla tifoseria), a partire da Zlatan Ibrahimovic, che nei mesi scorsi si è autoproclamato “quello che comanda” e che alla fine non si è presentato davanti ai media per comunicare l’esonero del tecnico, costretto ad affrontare la fila di giornalisti, rispondendo anche sulla nuova guida – il connazionale Sergio Conceicao – che il Milan aveva già bloccato da 24 ore, confermando alla fine dal finestrino di un’automobile all’esterno di San Siro di essere stato sollevato dall’incarico. Fonseca si è rivelato un tecnico con tanti limiti, ma con la schiena assai dritta. Non c’è stato invece rispetto per l’uomo, il professionista, che avrà sbagliato tutto o quasi sul campo, senza mai però perdere un briciolo di onestà intellettuale, lasciato dal club in pasto a una fronda di calciatori (Leao, Theo Hernandez) che si sono messi di traverso alla sua gestione in modo plastico, esteriore, a tratti inaccettabile, sino all’incredibile atto finale di ieri sera, che è l’aspetto peggiore dell’intera vicenda, segnata dall’inezia della proprietà americana di Gerry Cardinale e dall’incapacità gestionale del management milanista.

Un caos senza fine che somiglia a quanto avvenuto nelle scorse settimane anche alla Roma, da De Rossi all’era Juric sino a Claudio Ranieri. Pure il club giallorosso appartiene a un fondo americano, ma, ancora una volta, i problemi non sono i fondi di investimento – si consideri la gestione virtuosa di alcuni club (Liverpool che domina la Premier League o l’Atalanta che è prima in Serie A) che sono nelle mani di fondi di private equity – ma come sono gestite le società legate agli stessi fondi, distruggendo i legami con il passato, alla ricerca esasperata del “nuovo”, a digiuno di conoscenze sulle leggi non scritte del calcio.

Nel caso di Ibra, presidente tra l’altro della Kings of League che oggi debutta in Italia, c’è la dimostrazione che non basta certo essere stato un grande campione con un carattere forte e risoluto: serve competenza, preparazione e tanta umiltà.

Di Nicola Sellitti

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