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Furlani, Simonelli, Dosso, la normale Italia di oggi

Furlani, Simonelli, Dosso sono i tre medagliati ai Mondiali indoor di Glasgow, in Scozia e figli dell’Italia dei nostri tempi

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Furlani, Simonelli, Dosso, la normale Italia di oggi

Furlani, Simonelli, Dosso sono i tre medagliati ai Mondiali indoor di Glasgow, in Scozia e figli dell’Italia dei nostri tempi

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Furlani, Simonelli, Dosso, la normale Italia di oggi

Furlani, Simonelli, Dosso sono i tre medagliati ai Mondiali indoor di Glasgow, in Scozia e figli dell’Italia dei nostri tempi

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Furlani, Simonelli, Dosso sono i tre medagliati ai Mondiali indoor di Glasgow, in Scozia e figli dell’Italia dei nostri tempi

Furlani, Simonelli, Dosso: tre cognomi che più italiani di così non si può. Giusto Rossi o Esposito potrebbero di più.
Per chi non segue con grande attenzione lo sport e in particolar modo l’atletica leggera, cognomi che diranno magari poco (sperando che le cose possano cambiare presto per tutti): sono i tre medagliati ai Mondiali indoor di Glasgow, in Scozia.

Rispettivamente Mattia Furlani, 19 anni, secondo nel salto in lungo, Lorenzo Simonelli, 21 anni argento nei 60 ostacoli e Zaynab Dosso, 24, terza nei 60 piani. Forse, sempre se non siete dei grandi appassionati, l’ultimo nome vi avrà acceso una lampadina: sono tre ragazzi figli dell’Italia dei nostri tempi. Che siano immigrati di prima o seconda generazione, nati in matrimoni o relazioni fra italiani e immigrati sono storie come le tante che incrociamo nel nostro quotidiano.

Rispecchiano semplicemente la normalità della nostra vita, delle nostre scuole, dei nostri oratori, dei nostri centri sportivi.
Non è tanto la “nuova” Italia, concetto ormai traballante perché presupporrebbe una vecchia Italia rigidamente chiusa nei suoi confini geografici, quando chiunque abbia un minimo di senso storico e spirito di osservazione saprà perfettamente che il meticciato l’ha sempre fatta da padrone dalle nostre parti.

È l’Italia di oggi, sono i nostri figli, i nostri fratelli, gli amici dei nostri figli. Un’assoluta normalità che solo qualche mente ristretta può vivere con fastidio o sconcerto.

Fra l’altro, proprio l’atletica leggera è uno splendido esempio, anche per un altro motivo: non si contano le nazioni che fanno vere e proprie “campagne acquisti“ fra grandi talenti stranieri, appiccicandoci un passaporto o ricorrendo a trucchi più o meno ridicoli e soprattutto a barcate di quattrini. Taluni Paesi del Golfo, in modo particolare, sono arrivati a tesserare come naturalizzati chiunque, pur di vincere qualche medaglia e costruire in laboratorio una tradizione.

Noi, come altri Paesi dalla storia assimilabile alla nostra stiamo invece vivendo (almeno si spera, in vista di Parigi 2024, dopo le gioie di Tokyo 2020) una seconda giovinezza legata proprio all’influenza degli immigrati nei mutamenti sociali. Figlie e figli di donne e uomini arrivati anni fa o molto più di recente. Ormai italiani, non di rado prima nella testa e nel cuore che nel passaporto.

È la magia dello sport che fa giustizia delle incredibili sciocchezze che ci capita di ascoltare. Perché lo sport è meritocrazia, sogno, impegno, fatica, sudore, gioia incommensurabile e momenti di sconforto. Lo sport è vita. Lo sport è onesto. Lo sport – quello vero – non conosce i colori della pelle, le etnie e le differenze artificiose, perché ci è già passato e ha saputo imparare dai propri errori. Ha anticipato le evoluzioni del costume, spesso imponendo accelerazioni clamorose in Paesi in preda a vere convulsioni sociali. Si pensi agli Stati Uniti d’America.
Auguriamoci di saper imparare qualcosa anche noi. Quanto prima

di Fulvio Giuliani

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