Generazione sorriso
Senza comportamenti divistici o provocatori, questa nazionale è di una bellezza assoluta sul piano tecnico e tattico, ma ti conquista con i volti e l’atteggiamento dei protagonisti. L’Italia è campione del mondo di pallavolo.
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Senza comportamenti divistici o provocatori, questa nazionale è di una bellezza assoluta sul piano tecnico e tattico, ma ti conquista con i volti e l’atteggiamento dei protagonisti. L’Italia è campione del mondo di pallavolo.
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Senza comportamenti divistici o provocatori, questa nazionale è di una bellezza assoluta sul piano tecnico e tattico, ma ti conquista con i volti e l’atteggiamento dei protagonisti. L’Italia è campione del mondo di pallavolo.
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Senza comportamenti divistici o provocatori, questa nazionale è di una bellezza assoluta sul piano tecnico e tattico, ma ti conquista con i volti e l’atteggiamento dei protagonisti. L’Italia è campione del mondo di pallavolo.
È il sorriso la cifra dell’Italia campione del mondo di pallavolo.
La serena consapevolezza della propria forza e della classe di questi ragazzi è l’immagine più bella – la copertina da consegnare alla storia dello sport – del quarto trionfo iridato della storia azzurra, il primo un quarto di secolo dopo quell’incredibile squadra che sembrava disegnata per non perdere mai (o quasi) e ridefinire il concetto stesso di team applicato allo sport.
Libri di storia, per i campioni del mondo di oggi, alcuni dei quali neppure nati nel 1998, all’epoca dell’ultimo dei tre trionfi consecutivi e del canto del cigno della “generazione di fenomeni“. Non crediamo che l’allenatore Fefè De Giorgi, l’alzatore di quella squadra da leggenda, passi il proprio tempo a raccontare dei tempi che furono, anzi lo escludiamo.
Il capitano e miglior giocatore al mondo Simone Giannelli, il libero più forte del torneo iridato Fabio Balaso, Daniele Lavia, Yuri Romanò, Alessandro Michieletto, Simone Anzani, Roberto Russo e tutti gli Azzurri hanno dimostrato di non aver bisogno di richiami e racconti per raccogliere quel lontano testimone e riportarlo in cima al mondo.
Lo hanno fatto con la sfrontata naturalezza di chi è più forte e ne è perfettamente consapevole. Senza comportamenti divistici o provocatori, questa nazionale è di una bellezza assoluta sul piano tecnico e tattico, ma ti conquista con i volti e l’atteggiamento dei protagonisti. Ragazzi che trasmettono una pulizia, un’energia, una calma interiore e una voglia di stupirsi e divertirsi, prima ancora di dare spettacolo agli altri.
Nel quarto e decisivo set della finale di ieri sera – letteralmente dominata contro i due volte campioni del mondo uscenti della Polonia e davanti a 13.000 dei suoi tifosi da zittire – Giannelli e company si sono letteralmente divertiti.
In pura trance agonistica, erano in una dimensione in cui la sconfitta non è più contemplata. In quel momento di pura magia sportiva, stavano giocando una partita fra amici. Non appaia un paradosso, ma erano così belli e sicuri da essere intoccabili. Non c’è n’era e non poteva essercene contro di loro.
Un monumento a parte spetta all’allenatore, De Giorgi, uomo di sport dalla mente fine che ha scelto i suoi giocatori con un piano chiaro sin dall’inizio: dare libero sfogo al talento e vincere con la forza della testa e del gruppo.
In questo si rivede la squadra che rivoluzionò la pallavolo, fece innamorare gli italiani e trasformò lo sport che tutti abbiamo praticato almeno una volta a scuola in un fenomeno di costume.
Ed è stato favoloso, mentre i Campioni impazzivano di gioia, vedere la serena commozione di Fefè e dell’antico capitano Andrea Lucchetta, oggi commentatore. Con i loro capelli striati di grigio e i segni del tempo, gli occhi raccontavano di un mondo interiore che si è ritrovato. Perché vincere – per loro come
per i fenomeni di oggi – è casa.
di Fulvio Giuliani
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