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Giampiero Dallara, il mito di Indy parla italiano

Intervista a Giampaolo Dallara, mito del Motorsport: dagli inizi, alle vittorie, fino alla rivoluzione sicurezza
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Giampiero Dallara, il mito di Indy parla italiano

Intervista a Giampaolo Dallara, mito del Motorsport: dagli inizi, alle vittorie, fino alla rivoluzione sicurezza
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Giampiero Dallara, il mito di Indy parla italiano

Intervista a Giampaolo Dallara, mito del Motorsport: dagli inizi, alle vittorie, fino alla rivoluzione sicurezza
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Intervista a Giampaolo Dallara, mito del Motorsport: dagli inizi, alle vittorie, fino alla rivoluzione sicurezza
Giampaolo Dallara è un mito del motorsport. 85 anni ruggenti, è luomo che fornisce le scocche di tutte le monoposto della categoria Indycar (la serie americana regina) che corrono nel circuito di Indianapolis. Auto che gareggiano sulla mitica 500 Miglia a una velocità media di 360 km/h. Dallara è lazienda scelta dai maggiori costruttori americani e inglesi specializzati nelle competizioni motoristiche a stelle e strisce, la stessa società che ha realizzato il telaio di F1 del Team Haas.

«La tensione relativa all’aumento dei costi non è mai stata alta come oggi. Oltre a imparare a realizzare le automobili, dobbiamo prepararci a una nuova sfida: mantenere gli stessi prezzi di vendita» ci dice Dallara nel suo ufficio di Varano de’ Melegari. Lui che di sfide e di gare ne ha vinte parecchie, nonostante l’inflazione e lo spettro della recessione non si fa spaventare dal caro energia e dal caro materie prime. Tanto più che le case automobilistiche come la sua devono anche fare i conti con il problema del budget cup, ovvero il tetto massimo di prezzo per ogni singolo componente imposto ai produttori che partecipano alle competizioni.

«Oggi serve imparare anche un altro mestiere. Non basta progettare bene le auto, bisogna fare in modo che costino meno» puntualizza limprenditore emiliano che sin da ragazzo ha sempre occupato le prime pagine della storia dell’automobilismo. Eppure Dallara potrebbe tranquillamente permettersi di ritoccare all’insù i prezzi delle sue auto, potendo contare su una clientela ricchissima (il modello più economico parte da 230mila euro). Ma è soprattutto una questione di principio, la sua. Quest’anno la sua azienda, che fondò lui stesso a 36 anni in provincia di Parma, compie 50 anni; un traguardo che Dallara ricorda con soddisfazione, soprattutto per il contributo che ha dato al mondo dellautomotive sul fronte della sicurezza (in particolar modo nella progettazione dei telai): «Quando ho cominciato la sicurezza non esisteva, la pericolosità era 10 volte superiore a oggi. Nel 1975 in Italia ci furono 12mila morti su strada, un dato enorme se si pensa che le auto in circolazione erano un terzo di meno. Guardando i filmati del Gp di Monaco del 1959 si possono notare ai limiti della pista pericolosi cordoli alti 10 cm, impianti di illuminazione realizzati da grossi pali, alberi e attracchi in ghisa delle navi lungo il porto, senza alcun tipo di protezione». Ai tempi la sicurezza non era contemplata né in pista né durante la fase di progettazione di un veicolo. «Ricordo la mia prima auto, una Fiat 500. Aveva il serbatoio davanti al conducente, non esistevano gli specchietti retrovisori, le cinture di sicurezza, non avevano ancora introdotto i piantoni di sterzo collassabili». Anche nella macchina di cui va più orgoglioso, la Miura Lamborghini (dove Dallara ha lavorato prima di fondare la sua azienda) questo fattore non era stato preso in considerazione: il serbatoio e la batteria si trovavano davanti al pilota. Poi la sicurezza diventò finalmente una voce in capitolo: «Tutto iniziò – ricorda Dallara – dal libro “Unsafe at any speed” di Ralph Nader». Dai suoi studi nacque negli anni Settanta l’Autorità sulla sicurezza stradale negli Usa che ha reso obbligatorie le norme sui crash test e le cinture di sicurezza. «Ricordo come odiavamo Ralph. Ci chiedevamo cosa potesse sapere lui, che le auto non le costruiva. Ma la verità è che aveva capito tutto». Grazie all’evoluzione tecnologica dei materiali, oggi si evitano incidenti che 40 anni fa sarebbero stati mortali e una parte del merito – anche se lui si schermisce – è proprio dell’ingegner Dallara. Di Marco Mauri

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