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Ginnastica dell’ipocrisia

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La questione peso-sport, messa in luce dalle dichiarazioni di alcune ex farfalle della ginnastica ritmica, andrebbe affrontata senza ipocrisie.
Ginnastica dell'ipocrisia

Ginnastica dell’ipocrisia

La questione peso-sport, messa in luce dalle dichiarazioni di alcune ex farfalle della ginnastica ritmica, andrebbe affrontata senza ipocrisie.
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Ginnastica dell’ipocrisia

La questione peso-sport, messa in luce dalle dichiarazioni di alcune ex farfalle della ginnastica ritmica, andrebbe affrontata senza ipocrisie.
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L’incendio che sta colpendo la ginnastica ritmica grazie alle confessioni di Nina Corradini, che ha lasciato l’agonismo a causa di un disturbo alimentare legato alle umiliazioni subite dalle allenatrici e che avevano come obiettivo il suo corpo non sufficientemente magro, rischia di essere un fuoco di paglia. A cominciare dalla replica di Federginnastica, che si dice completamente all’oscuro dei fatti. «Solo tutti insieme» si legge nel comunicato affidato alla stampa «si possono affrontare questi intollerabili comportamenti e sradicarli dal mondo della ginnastica che è forte, sano e non ha spazio per chi non condivide i valori dello sport». Parole belle e giuste, che sembrano sottintendere la totale estraneità dei vertici rispetto ai metodi utilizzati da allenatori e allenatrici della Nazionale. Peccato che la ginnastica ritmica sia uno di quegli sport in cui la magrezza è un requisito essenziale per poter accedere ai livelli più alti nelle competizioni, uno sport in cui l’aspetto dell’atleta si fonde con la performance, contribuendo a determinarne il successo. Per magrezza qui non si intende un peso nella norma ma una composizione corporea in cui la percentuale di grasso è molto inferiore rispetto alla media delle coetanee. Per poter raggiungere questo risultato, di fatto innaturale eppur così determinante ai fini della loro carriera, le atlete – tolte le pochissime graziate da una struttura naturalmente molto esile – hanno solo due possibilità: la dieta e l’allenamento intensivo. A questi vanno aggiunti la pressione subita, le aspettative pressanti e il desiderio di non deludere nessuno, che portano naturalmente a condotte alimentari disturbate che spesso sfociano in disturbi alimentari veri e propri. Per quanto sia plausibile che Federginnastica non fosse a conoscenza dei metodi, alla luce di questi fatti è difficile credere che non sapesse dei sacrifici sostenuti da tante ragazze per poter mantenere quel corpo e, con esso, il posto in Nazionale. E se questo è vero per la ginnastica ritmica, per la danza e il pattinaggio, lo è anche per tanti altri sport in cui il requisito del peso – anche se non essenziale come in queste discipline – è spesso ritenuto fondamentale dagli allenatori. Il rito della “pesata” davanti alla squadra non è appannaggio delle “farfalle” azzurre ma è consuetudine di molte società sportive professionistiche, calcio giovanile incluso. Per non parlare degli sport suddivisi in categorie di peso, in cui spesso un peso inferiore significa l’accesso a una categoria più prestigiosa, come nella lotta greco-romana. Questo ovviamente non significa che questi sport andrebbero aboliti ma che la questione peso-corpo nello sport andrebbe affrontata senza ipocrisie, ammettendo la realtà di una mentalità diffusa e radicata che ha nel comportamento di alcuni allenatori solo il suo culmine.   di Maruska Albertazzi  

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