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Giochi

Giochi che non sono mai stati un gioco

Questa edizione delle Olimpiadi parigine è apparsa una distrazione: una distrazione da quel che accade in Ucraina, a Gaza e inferni limitrofi

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Questa edizione delle Olimpiadi parigine è apparsa una distrazione: una distrazione da quel che accade in Ucraina, a Gaza e inferni limitrofi

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Questa edizione delle Olimpiadi parigine è apparsa una distrazione: una distrazione da quel che accade in Ucraina, a Gaza e inferni limitrofi

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Questa edizione delle Olimpiadi parigine è apparsa una distrazione: una distrazione da quel che accade in Ucraina, a Gaza e inferni limitrofi

La concessione della distrazione olimpica è terminata. Ché tale è apparsa questa edizione delle Olimpiadi parigine: una distrazione da quel che accade in Ucraina, a Gaza e inferni limitrofi. Tornerà l’autunno e diventeranno ricordo anche queste Olimpiadi moderne nate alla fine del “Secolo coi baffi”: quell’Ottocento che – morendo – aveva consegnato all’Europa una “Bella epoca”. Bellissima. Poi Gavrilo Princip fece il tiro al bersaglio a Sarajevo. E la Storia scoppiò nel cuore d’Europa, con una guerra che ne avrebbe poi generata un’altra.

Arrivò quindi la Pace. P maiuscola. Lunga otto decenni, nonostante i tanti focolai sparsi qua e là. I giornali torneranno dunque a dare spazio a quel che accade attorno a noi, con i nazionalismi che incalzano. Queste Olimpiadi saranno consegnate alla Storia come quelle disputate durante un evidente rigurgito dei nazionalismi e un allontanamento dello spirito unitario (che è peraltro omologo allo spirito olimpico): l’unico che può tenere lontani i conflitti fra un Paese e un altro o – come preferisce qualcuno – fra una nazione e un’altra. (Personalmente preferisco Paese perché – al contrario di nazione – non consente alcun ‘ismo’).

Con un salto da record olimpico planiamo ora nell’VIII secolo a. C., quando nacquero i Giochi olimpici. Giochi che avevano genesi nei riti funebri in una società – quale quella Greca – fortemente segnata dal culto dei morti. Nel XXIII libro dell’“Iliade” vengono raccontati quelli in onore di Patroclo. Lo spirito olimpico sarebbe rimasto acceso finché – a partire dal IV secolo d. C. – si spegnerà con la veloce cristianizzazione dell’Impero. Giochi che avevano debuttato nel 776 a. C. in quel Peloponneso destinato – manco a dirlo – a essere ricordato per una guerra senza fine fra Sparta e Atene. Trent’anni. Una lunghezza che – a quel che dice Aristofane – avrebbe generato la prima rivolta femminista. La suffragetta ante litteram Lisistrata aveva infatti lanciato lo slogan «Fate la guerra? E noi non ve la diamo più». Una hippy, insomma: «Fate l’amore, non la guerra».

Ma torniamo alle Olimpiadi. Quando il monoteismo trionfò sul politeismo con i suoi chierici usciti dalle catacombe e, diventato culto di Stato dell’Impero romano, vescovi, scrittori, e Cristofori vari (intesi come ‘portatori’, alias ‘testimoni’ di Cristo) sostennero che – come tutto il resto – anche quei residui di paganesimo (i giochi olimpici) andassero eliminati. Scesero in campo perfino i Patres ecclesiae: ‘padri’ che intimarono ai figlioli (fedeli) di abbandonare quei loro ludi agonali. Per dire, Agostino (al momento solo Pater, non ancora santo) – primus inter pares fra quei Patres – condannò gli spettacoli atletici. Nel 393 d. C. il meneghino Ambrogio (pure lui non ancora santo) ricordò a Teodosio quei desiderata di Agostino. E fu la fine di quei ‘giochi pagani’. Per far meglio, Teodosio II ordinerà poi la distruzione di tutti i templi pagani, inclusi i luoghi delle Olimpiadi. Un furore iconoclasta – che ricorda quello talebano che cannoneggiò i Buddha di Bamiyan – contro i nemici del Cristianesimo. Erano insomma assai lontani i tempi delle persecuzioni leonine. Ma questa è una storia lunga, che va da Giordano Bruno alle ‘streghe’.

Tornando alla fine dei Giochi olimpici, il fatto fu conseguente al rifiuto di una cultura che in buona sostanza coniugava etica ad estetica. Il fatto atletico era infatti l’esaltazione di un’armonia che comprendeva anche poesia e filosofia. La Musa ispira a Omero versi immortali proprio per i giochi funebri, mentre nel dialogo “Gorgia” Platone descrive le technai per mantenere il giusto equilibrio fra fisico e anima.

di Pino Casamassima

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