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Halo, la lezione della Formula 1

Halo si è già rivelato essere senza dubbio l’innovazione più grande in F1 da almeno 10 anni, figlio di investimenti in sicurezza e ricerca.
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Halo, la lezione della Formula 1

Halo si è già rivelato essere senza dubbio l’innovazione più grande in F1 da almeno 10 anni, figlio di investimenti in sicurezza e ricerca.
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Halo, la lezione della Formula 1

Halo si è già rivelato essere senza dubbio l’innovazione più grande in F1 da almeno 10 anni, figlio di investimenti in sicurezza e ricerca.
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Halo si è già rivelato essere senza dubbio l’innovazione più grande in F1 da almeno 10 anni, figlio di investimenti in sicurezza e ricerca.

Domenica, alla partenza del Gran Premio di Formula 1 di Silverstone, non è accaduto alcun miracolo. La salvezza del giovane pilota cinese dell’Alfa Romeo Guanyu Zhou la si deve esclusivamente agli investimenti in sicurezza che hanno caratterizzato gli ultimi quasi trent’anni della massima categoria mondiale della velocità. Dopo essersi cappottato in rettilineo, aver strisciato sull’asfalto per decine di metri e aver perso completamente – perché?! – il rollbar, essere decollato ed essersi schiantato nelle barriere di protezione, il pilota è uscito illeso da ciò che restava (poco) della sua monoposto, cavandosela con lievi ammaccature e un poderoso spavento. Ripetiamo, non miracolosamente, ma perché chi ha gestito la Formula1 negli ultimi lustri – nonostante cambi di management e anche di proprietà del Circus – non ha mai mancato di chiedere il massimo possibile in termini di ricerca e sviluppo in sicurezza.

La più grande innovazione dell’ultimo decennio è senza alcun dubbio l’Halo, la protezione triangolare posta al di sopra della testa del pilota. Si accelerò per questa soluzione dopo la tragica fine del povero Jules Bianchi, rimasto incredibilmente incastrato sotto un mezzo di soccorso al Gran Premio del Giappone del 2014 e l’enorme rischio corso nel 2009 dal ferrarista Felipe Massa, colpito in pieno sul casco da una molla della monoposto di Barrichello che lo precedeva, nelle prove del Gp d’Ungheria. Per il via libera all’Halo –arrivato nel 2018 – ci volle tempo e non mancarono polemiche. Alcune oggi appaiono assolutamente lunari, dopo aver assistito al terrificante incidente di domenica ma anche a quello capitato sempre nello scorso weekend in F2 o l’anno scorso a Monza, quando Verstappen decollò letteralmente sul casco di Hamilton alla prima variante. Si provarono altre soluzioni, come la cupola adottata dai prototipi modello Le Mans, la semicupola della IndyCar statunitense o altre. Tornando alle polemiche surreali, molti richiamarono dubbi persino estetici – come se nella storia della F1 tutte le monoposto siano sempre state belle oltre che veloci e non ricordassimo veri e propri sgorbi super vincenti anche della Ferrari – per tacere della presunta esigenza di conservare la “purezza” delle vetture a ruote scoperte e pilota in abitacolo a cielo aperto. Per fortuna la Federazione internazionale dell’automobile e la F1 tirarono dritto, privilegiando sempre la sicurezza, pur sapendo benissimo che il rischio zero non esisterà mai nel motorsport.

La lezione di domenica, così, va ben oltre il mondo della velocità: applicazione, consapevolezza, investimenti, serietà e severità fanno la differenza. Anche fra la vita e la morte. Noi non monteremo mai un Halo sulle nostre macchine, ma la ricerca della Formula1 ha cambiato anche le utilitarie, in termini di materiali, sicurezza passiva e attiva, Abs, antistallo, airbag, prevenzione del fuoco. Un elenco lunghissimo e che fa onore a generazioni di ingegneri e ricercatori, capaci oggi di dare ai piloti vetture non solo mostruosamente veloci e performanti, ma anche sicure allo stato dell’arte. Nell’immutabile consapevolezza che ci sarà sempre un errore da correggere e una miglioria da apportare.

Si chiama progresso ed è ciò che ci fa ogni giorno un po’ più ricchi, sicuri e (perché no) felici.

di Diego de la Vega

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