L’ho visto la prima volta non alla partita ma da vicino, un giovedì pomeriggio al San Paolo. All’epoca il Napoli giocava a metà settimana una partitella d’allenamento con la Primavera o coi dilettanti della zona. Noi ragazzini, con il sogno di fare i giornalisti e la passione azzurra destinata a restare senza tempo, riuscivamo a intrufolarci nelle viscere dello stadio, facendoci passare per inviati di improbabili radio locali. Era una pura recita, tollerata dall’addetto stampa del Napoli di allora, il finto burbero e compianto Carlo Iuliano.
Chiudeva tutti e due gli occhi e ci permetteva, con i nostri tesserini autocostruiti e falsissimi, di accedere al terreno di gioco, seguire la partitella e soprattutto Lui. Che se era in buona, accettava anche di fermarsi con noi ragazzini e rispondere a qualche veloce e impacciata domanda, registrata con un rudimentale walkman.
Riassumiamo: Diego Armando Maradona, il più grande di ogni epoca, poteva ‘rilasciare’ un’intervista a un diciassettenne di Radio Palepoli. Ve lo assicuro, perché quel diciassettenne ero io. L’ultima volta l’ho visto nelle viscere non più del San Paolo, futuro Maradona, ma del Real Teatro di San Carlo.
Era da poco terminato lo spettacolo organizzato da Giancarlo Siani in suo onore e condotto dallo stesso Diego. Riuscii ad avvicinarlo, perché Siani è un ragazzo di parola e mi aveva garantito quella chiacchierata. Ricordo la stanchezza negli occhi del Diez, che non era frutto della fatica della serata. Ricordo il sorriso e la disponibilità che mi riservò, perché ‘presentato’ da Siani.
Come hanno ripetuto fino allo sfinimento amici e compagni di squadra, Diego era tante cose, ma era un uomo che sapeva voler bene a chi gli tendeva la mano senza interessi. Molti hanno parlato male di lui, fra questi nessuno che abbia giocato con lui. Sì, ho visto Maradona.
di Diego de la Vega
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Tag: calcio
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