Il tramonto dello Showtime, Lakers venduti per 10 miliardi
Non dovrebbe sorprendere che anche i Los Angeles Lakers cambino proprietà. Se non si trattasse, appunto, dei Lakers

Il tramonto dello Showtime, Lakers venduti per 10 miliardi
Non dovrebbe sorprendere che anche i Los Angeles Lakers cambino proprietà. Se non si trattasse, appunto, dei Lakers
Il tramonto dello Showtime, Lakers venduti per 10 miliardi
Non dovrebbe sorprendere che anche i Los Angeles Lakers cambino proprietà. Se non si trattasse, appunto, dei Lakers
Ormai nulla è immutabile nello sport contemporaneo, disegnato sulle esigenze del business. E quindi non dovrebbe sorprendere che anche i Los Angeles Lakers cambino proprietà. Se non si trattasse, appunto, dei Lakers. La famiglia Buss cede la maggioranza delle azioni al magnate (patrimonio da 12 miliardi di dollari..) Mark Walter, che possiede già la maggioranza dei Los Angeles Dodgers (Major League Baseball): è un passaggio epocale, sebbene Jeanie Buss, la figlia di Jerry, il visionario che ha costruito il mito dei Lakers, resterà ancora al timone della franchigia, almeno per ora.
La cessione dei Lakers è avvenuta per circa dieci miliardi di dollari. Una cifre monstre, la più alta di sempre per un’acquisizione nello sport americano, che rende l’idea di cosa siano i Lakers: i Boston Celtics, l’altra franchigia simbolo della Nba, sono stati venduti per 6.1 miliardi di dollari appena tre mesi fa.
La famiglia Buss acquistò i Lakers nel 1979, pagando poco meno di 68 milioni di dollari. Il nuovo patron è il Ceo e capo di TWG Group, holding company che possedeva già una quota di minoranza dei Lakers sin dal 2021 e ha investimenti ovunque nel mondo dello sport, tra cui anche le Los Angeles Sparks (Wnba) e il Chelsea in Premier League. Ma TWG Group ha soprattutto un interesse concreto nel motorsport, di cui possiede alcuni campionati e soprattutto ha acquisto la scuderia Cadillac che competerà in Formula 1 a partire dal 2026.
Detto questo, l’assegno staccato dal nuovo proprietario passa in secondo piano, perché si tratta dei Lakers. Dove tutto da qualche decennio è un film, una sceneggiatura degna – se non meglio – di quello che viene prodotto nelle vicinanze, sulla collina di Hollywood. Rende al meglio l’idea la serie Tv “Winning Time”, che pure ha urtato la suscettibilità di diversi protagonisti, da Magic Johnson a Jerry West.
È la franchigia di Kareem Abdul Jabbar, poi di Magic Johnson, poi di Kobe Bryant, per qualche anno assieme a Shaquille O’Neal con coach Phil Jackson in panchina, sino all’ultima fase con LeBron James e il titolo vinto nella bolla Covid-19, cinque anni fa. È la franchigia delle grandi storie, sia nelle stagioni vincenti che in quelle negative, con il basket che si fonde con il cinema, con il gossip, con gli interessi economici. Una su tutte, la liason tra la figlia del patron Jerry Buss con l’allora coach dei Lakers, Phil Jackson. Una miscela esplosiva.
È stata soprattutto la franchigia di Jerry Buss, imprenditore e giocatore di poker, self made man usurato da vizi e vezzi, che nel 1979 fece bingo: con quasi tutti le risorse a disposizione, comprò i Los Angeles Lakers, i Kings di hockey (poi subito rivenduti a prezzo maggiorato) e il Forum di Inglewood, il palazzetto dello sport, a cui da un nuovo nome, trovando un accordo milionario con la Great Western Bank che rimarrà fedele alla famiglia Buss per ben 15 anni. E se la fortuna aiuta gli audaci, Buss si vide cadere dal cielo come prima scelta assoluta al Draft, in quello stesso anno, Earvin Magic Johnson. Il terzo colpo che andò in buca per Buss fu l’arrivo del giovane Pat Riley, l’architetto dello Showtime: gioco veloce, passaggi veloci, personalità forti e spettacolo puro, che ha risollevato gli ascolti della Nba. Buss ci vide lungo e s’inventò i prezzi alle stelle dei biglietti per le partite a bordo parquet dei Lakers. Nel pacchetto c’erano anche gli stacchetti delle cheerleader e la sfilata di stelle del cinema, la formula poi mutuata con successo negli altri palazzetti Nba. Ma quelli, appunto, erano i Lakers. Così è nato il mito degli angeleni, tra alti e bassi, successi e tonfi, sempre con i Buss al comando. Sino a ieri.
di Nicola Sellitti
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