La notizia dell’ammissione di Novak Djokovic agli Australian Open, off limits (almeno in teoria) per i no-vax, sa tanto di soluzione ad hoc per il campione serbo. Ciò che manca, prima di tutto, è la coerenza.
Novak Djokovic ci sta simpatico perché il n. 1 al mondo del tennis ha un rapporto speciale con l’Italia, parla meravigliosamente la nostra lingua ed è stato più volte efficacissimo ospite in popolari trasmissioni tv del nostro Paese. Sulla questione del no al vaccino contro il Covid-19, però, abbiamo sempre fatto molta fatica a seguirlo. Perché Nole non si è limitato ad affermare una legittima scelta personale – entro certi limiti, considerata la professione – ma ha accompagnato la propria presa di posizione con ripetute e discutibili affermazioni.
La notizia della sua ammissione agli Australian Open, off limits (almeno in teoria) per i no-vax sa tanto, troppo, di soluzione ad hoc per il super campione. A ricordarci che la legge troppo spesso finisce per essere più uguale nei confronti di potenti o star. Il provvidenziale cavillo è un’esenzione per motivi sanitari che Djokovic avrebbe potuto presentare agli organizzatori del torneo australiano.
Non conosciamo le carte e non possiamo andare oltre le sgradevoli sensazioni, ma resta un pesante tema di opportunità nel momento in cui Djokovic sfrutta un escamotage per poter partecipare a un torneo che per mesi ha ostentatamente condotto una battaglia in favore dei vaccini.
Business is business: gli organizzatori non vogliono privarsi del n. 1 – dovendo già fare a meno di Nadal e dell’ormai quasi ritirato Federer – e il giocatore può ricominciare la caccia al Grande Slam fallita per un soffio l’anno scorso. Di coerenza non c’è traccia, ma a chi importa.
di Diego de la Vega
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Tag: Tennis
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