Il lungo, dolcissimo addio di Rafa
Dopo 20 anni di successi c’è tanta epica e sentimenti sinceri nel saluto di Rafael Nadal, sommerso da un amore viscerale
Il lungo, dolcissimo addio di Rafa
Dopo 20 anni di successi c’è tanta epica e sentimenti sinceri nel saluto di Rafael Nadal, sommerso da un amore viscerale
Il lungo, dolcissimo addio di Rafa
Dopo 20 anni di successi c’è tanta epica e sentimenti sinceri nel saluto di Rafael Nadal, sommerso da un amore viscerale
Dopo 20 anni di successi c’è tanta epica e sentimenti sinceri nel saluto di Rafael Nadal, sommerso da un amore viscerale
Non riesce ad ammettere – prima a se stesso, poi ai tifosi – di essere davvero ai titoli di coda, mentre è sommerso da un amore mai così viscerale. Un amore che sale di colpi a ogni sconfitta, dopo 20 anni di successi, di leggenda. C’è tanta epica e sentimenti sinceri nel saluto di Rafa Nadal ai tornei vinti decine di volte in carriera. Come gli Internazionali d’Italia, vinti appunto 10 volte dal fenomeno maiorchino, spazzato via oggi da Hurkacz (6-1, 6-3). Sul centrale del Foro Italico si è ovviamente vista una versione depotenziata dal mancino spagnolo, che non spinge più come prima. E come potrebbe: qualsiasi altro essere senziente sulla Terra sarebbe già ai box a curare il piede martoriato dalla malformazione che Nadal si porta dietro praticamente da sempre, che non gli ha impedito di essere una leggenda. Lui invece va avanti fino a quando ha programmato, senza mai cedere al dolore.
Un fiume di gente a Roma l’ha salutato, le immagini sono visibili sui social. Lui, Nadal, travolto dalla passione, in conferenza stampa, in balia dei sentimenti, ha addirittura lasciato l’ennesima porticina aperta di tornare il prossimo anno, a quasi 39 anni, con le articolazioni fuori uso, perché la passione è ancora forte e per lui Roma, sul rosso, viene solo dopo il Roland Garros, vinto 14 volte. E che, dice, non sa se giocherà, tra una manciata di giorni.
Ma anche a Madrid, due settimane fa, l’omaggio infinito a Rafa ha lasciato il segno. E anche in Australia, prima di tirarsi fuori dagliAustralian Open per infortunio. E’ più amato ora, dolorante, lacerato e spesso sconfitto, rispetto a quando era stimato, rispettato, anche temuto per la sua grandezza. Se Roger Federer era il naturale beniamino di ogni tifoseria perché lo charme tecnico dello svizzero è (e sarà) inarrivabile per chiunque, Nadal è sempre stato il muro invalicabile. Ora invece il re è nudo, con i suoi dolori. E quindi il pubblico gli è vicino, lo sostiene, lo coccola nelle sconfitte.
Un addio di questo tipo è davvero un unicum nello sport mondiale. Federer ci ha lasciato con un videomessaggio, senza argomenti, senza poter interiorizzare il lutto sportivo. E’ paragonabile a quello di Nadal solo il commiato di Kobe Bryant con il “farewell tour” nel 2016, esaltato nell’ultimo anno di Nba in tutti i palazzetti dello sport, anche in quelli dove è stato sportivamente detestato, come al ‘Garden’ dei Boston Celtics, gli avversari di sempre dei Los Angeles Lakers. In Italia abbiamo visto qualcosa di simile nel commiato lungo mesi a Roberto Baggio, altro eroe popolare come il tennista spagnolo, anche se il Codino non comunicò a inizio stagione che avrebbe lasciato. Furono le ginocchia a decidere per lui. Era un altro, come Rafa, che è stato costretto a mollare da infortuni, calcificazioni, infiltrazioni, dolore. Ma che ci ha regalato momenti di eterna bellezza.
Di Nicola Sellitti
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