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Il Milan, l’indagine e i rimpianti dei tifosi per il calcio che fu

L’indagine che ha coinvolto il Milan ha radici profonde e dettagli poco chiari. Ma chiamateci sognatori: questo non è il calcio della nostra infanzia

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Il Milan, l’indagine e i rimpianti dei tifosi per il calcio che fu

L’indagine che ha coinvolto il Milan ha radici profonde e dettagli poco chiari. Ma chiamateci sognatori: questo non è il calcio della nostra infanzia

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Il Milan, l’indagine e i rimpianti dei tifosi per il calcio che fu

L’indagine che ha coinvolto il Milan ha radici profonde e dettagli poco chiari. Ma chiamateci sognatori: questo non è il calcio della nostra infanzia

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L’indagine che ha coinvolto il Milan ha radici profonde e dettagli poco chiari. Ma chiamateci sognatori: questo non è il calcio della nostra infanzia

La clamorosa indagine che coinvolge il Milan, in particolar modo gli attuali vertici operativi e anche il penultimo Ad si può comprendere solo a valle di un’annosa vicenda. Risale a ben prima della cessione (oggi finita sotto la lente di ingrandimento) dal fondo Elliot al Red Bird facente capo a Gerry Cardinale.

Si deve tornare ai convulsi mesi che portarono al passaggio dal fantomatico mister Li – una storia che nessuno ha mai capito fino in fondo e narrato ancor meno nei particolari – a Elliot, il fondo che rimise in carreggiata la gloriosa società rossonera fino alla cessione agli attuali proprietari. Per meglio dire a una catena di controllo quantomai complessa e nella quale è facilissimo perdersi, nel dedalo di società controllate che, secondo l’ipotesi investigativa, sembrano curiosamente riportare sempre alla casella Elliot. Come in un Monopoli impazzito.

Noi ci poniamo in attesa, da bravi osservatori, sperando che le indagini che hanno portato alle clamorose notizie di ieri siano quanto più rapide possibili, per chiarire la struttura proprietaria del club e ridare serenità a giocatori, staff tecnico e in particolar modo ai tifosi.

Leggendo ieri pagine e pagine, cercando a fatica – lo ammettiamo – di capirci qualcosa nel turbinio di società, proprietà, nomi, quote, soldi che vanno e vengono a un certo punto ci siamo fermati. Un po’ perché ci eravamo persi, ma soprattutto perché ci siamo scoperti a sorridere amaramente riflettendo su un aspetto apparentemente scontato: in teoria staremmo parlando di calcio, sport, emozioni, goal, delusioni, gioie, ricordi. Sul serio?

Dopo quelle sfiancanti letture e in attesa di capirci qualcosa sappiamo che ci hanno sbriciolato fra le mani il sogno della nostra infanzia.
Sia chiaro, nel calcio di quando eravamo bambini avvenivano schifezze economiche e di altra natura inenarrabili, ma tutto appariva un po’ “pane e salame“. Anche i lestofanti, i relativi imbrogli, le patetiche furbizie avevano una dimensione casereccia. Riconoscibile. Oggi sembra tutto rarefatto, in giochi che si sono completamente distaccati dalla realtà del campo.

Chiamateci pure vecchi nostalgici o romantici, non ci offendiamo. Siamo passati dai “ricchi scemi“ della fine degli anni ‘60 – che saranno stati pure scemi ma di sicuro erano straordinariamente appassionati – a un magma indistinto, in cui si compra (forse), si vende, nell’indifferenza più assoluta per i principi sportivi.
Far soldi con il calcio professionistico non ci impressiona, anzi. Ben vengano proprietà lungimiranti, capaci di creare business, ma sembra che in Italia si sia più che altro destinati a fungere da terra di conquista per improbabili avventurieri, finanzieri senza scrupoli, anime e volti grigi.

Non un bello spettacolo, sulla pelle di appassionati che a dispetto di tonnellate di palta che cadono loro in testa continuano ostinatamente a crederci.
Almeno per quei fantastici, maledetti 90 minuti. Perché all’amor non si comanda.

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