Il poeta della bellezza
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Roger Federer è passato per il mondo impugnando la racchetta come un pittore sa il modo di portare su tela la sua idea della realtà e delle emozioni o uno scrittore descrivere i sentimenti.

Il poeta della bellezza
Roger Federer è passato per il mondo impugnando la racchetta come un pittore sa il modo di portare su tela la sua idea della realtà e delle emozioni o uno scrittore descrivere i sentimenti.
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Il poeta della bellezza
Roger Federer è passato per il mondo impugnando la racchetta come un pittore sa il modo di portare su tela la sua idea della realtà e delle emozioni o uno scrittore descrivere i sentimenti.
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Perché mai una notizia nella logica delle cose, prevedibilissima e scontata, come il ritiro del più forte di sempre, ha generato questa ondata emotiva?
Perché Roger Federer è passato per il mondo impugnando la racchetta come un pittore sa il modo di portare su tela la sua idea della realtà e delle emozioni o uno scrittore descrivere i sentimenti.
Artisti. Non appaia eccessivo o azzardato, perché il fuoriclasse svizzero ha interpretato il tennis – sport per sua natura di sublime eleganza – portandolo in una dimensione estetica superiore. Ha fatto della bellezza, della pulizia dei movimenti e del gesto il mezzo con il quale conquistare il mondo. Non si tratta dei numeri di una carriera semplicemente inimitabile, per loro natura battibili e già superati almeno in parte dagli AlterEgo di un quarto di secolo sui campi, Rafa Nadal e Nole Djokovic. Parliamo di altro, non di Slam, tornei e partite, ma di come si passi per questa vita facendo ciò per cui si è nati.
In questo Federer è e resterà unico, nell’apparente assenza di qualsiasi sforzo per essere il numero uno. Ha giocato dando la sensazione di poter essere battuto come chiunque su questa terra, ma di non poter essere toccato dalla furia agonistica, dai tic, dalle tempeste emotive degli altri.
È il segreto alla luce del sole che lo ha reso il personaggio amato e rispettato da tutti, a cominciare dagli avversari. Il modello a cui ispirarsi, il campione della bellezza.
Non abbiamo bisogno di essere giocatori o appassionati di tennis per dire grazie, perché di Roger Federer ne passa uno ogni settant’anni. Forse.
La fortuna è esserci stati in tempo per ammirarlo, come quella di chi ha potuto seguire dal vivo un giro di Michael o una giocata di Diego. A bocca aperta, senza alcuna vergogna, come quei meravigliosi bambini in campo per la coreografia della Champions League che all’apparire di Leo Messi hanno spalancato gli occhi, dimenticato qualsiasi procedura e regola per abbandonarsi alla pura gioia di trovarsi vicini al proprio idolo. Ondate di felicità come quelle che The King ha regalato al mondo.
di Fulvio Giuliani
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