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Il ritorno del calcio in Ucraina, più forte della guerra

Il calcio in Ucraina torna in campo in una settimana simbolica, quella della celebrazione dellindipendenza da Mosca avvenuta oggi 31 anni fa.

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Il ritorno del calcio in Ucraina, più forte della guerra

Il calcio in Ucraina torna in campo in una settimana simbolica, quella della celebrazione dellindipendenza da Mosca avvenuta oggi 31 anni fa.

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Il ritorno del calcio in Ucraina, più forte della guerra

Il calcio in Ucraina torna in campo in una settimana simbolica, quella della celebrazione dellindipendenza da Mosca avvenuta oggi 31 anni fa.

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Il calcio in Ucraina torna in campo in una settimana simbolica, quella della celebrazione dellindipendenza da Mosca avvenuta oggi 31 anni fa.

A porte chiuse. E pronti tutti a scappare – come lanciati verso la porta – se dovessero suonare le sirene antiaeree, il segnale dellarrivo delle bombe russe. Il campionato ucraino riparte così, con la spada di Damocle della guerra piazzata sul collo di calciatori, allenatori e dirigenti. Per ognuno c’è un posto riservato nei bunker costruiti a un passo dagli spogliatoi, se i bombardamenti dovessero farsi vivi tra un fuorigioco, un tackle e un gol.

Il campionato era stato interrotto a fine febbraio, qualche giorno dopo linizio della folle invasione decisa da Mosca. Lultima partita del torneo si era giocata a dicembre, prima della pausa invernale. Si torna in campo in una settimana assai simbolica per il popolo ucraino, oggi è infatti il giorno della celebrazione dellindipendenza da Mosca avvenuta 31 anni fa, ieri era il National Flag Day ucraino.

Può sembrare un segnale di vita, di apparente normalità. Forse è pure così, se non fosse tutto così straziante, anche nella composizione delle squadre del torneo. Non ci sarà la squadra di Mariupol: a fine aprile i dirigenti del club hanno spiegato che le infrastrutture del club, dal centro di allenamento allo stadio, sono finite in frantumi sotto i bombardamenti russi nel posto con «il più alto tasso di mortalità in Ucraina», come indica l’Onu. Il calcio lì non esiste più, in poche parole. E non ci sarà campionato neppure a Chernihiv, altro territorio martoriato dalle armi russe che l’ormai straconosciuta mappa del paese orientale piazza a due passi dal confine con la Bielorussia. 

Si giocherà invece a Donetsk. È stato proprio lo Shakthar – che Roberto De Zerbi aveva scelto per lanciarsi in orbita nel calcio europeo e che si è trovato costretto poi ad abbandonare – a riaprire le porte del campionato, contro il Metalist 1925. Il club della città di Donetsk – la denuncia è finita in un articolo del “New York Times” – minaccia di ricorrere alla Fifa che permette ancora ai calciatori ucraini di spostarsi in club esteri sciogliendo unilateralmente il contratto con la società ucraina dappartenenza. Per lo Shakthar, che in Champions League giocherà le partite casalinghe a Varsavia, c’è anche lo stadio di Leopoli: il club ucraino ha pagato di tasca propria a inizio guerra per convertirlo in un campo per rifugiati.

Ci saranno partite anche in altre città che prima erano sconosciute al mondo, come Zaporizhzhya, la sede della centrale nucleare più grande d’Europa occupata da armi di Mosca e bersaglio di numerosi attacchi militari: lo Zorya Luhansk, in fuga dal Donbass assediato e ormai nella disponibilità dei russi, ha traslocato nella Slavutych Arena, poco più di 100 chilometri oltre il fiume Dnepr, che si spera riesca a separare morti e reti. E così al Chornomorets Stadium di quella meravigliosa città deturpata che è Odessa, la piccola Italia sul Mar Nero. Anzi, la Napoli d’Ucraina.

 di Nicola Sellitti

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