Ilicic torna in campo e segna il gol più atteso
13 minuti più recupero: tanto può bastare a campioni come Josip Ilicic per dipingere calcio, segnare e liberare finalmente il sorriso. L’ex attaccante dell’Atalanta è tornato in campo con la maglia del Maribor, dopo due anni e mezzo di grande sofferenza psicologica.
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Ilicic torna in campo e segna il gol più atteso
13 minuti più recupero: tanto può bastare a campioni come Josip Ilicic per dipingere calcio, segnare e liberare finalmente il sorriso. L’ex attaccante dell’Atalanta è tornato in campo con la maglia del Maribor, dopo due anni e mezzo di grande sofferenza psicologica.
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Ilicic torna in campo e segna il gol più atteso
13 minuti più recupero: tanto può bastare a campioni come Josip Ilicic per dipingere calcio, segnare e liberare finalmente il sorriso. L’ex attaccante dell’Atalanta è tornato in campo con la maglia del Maribor, dopo due anni e mezzo di grande sofferenza psicologica.
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13 minuti più recupero: tanto può bastare a campioni come Josip Ilicic per dipingere calcio, segnare e liberare finalmente il sorriso. L’ex attaccante dell’Atalanta è tornato in campo con la maglia del Maribor, dopo due anni e mezzo di grande sofferenza psicologica.
- Difficile non parlare di tecnica se si nomina Josip Ilicic, ma farlo, oggi, è una soddisfazione per gli appassionati di calcio e per chiunque, vedendo gli altri risollevarsi dal buio, gioisce egli stesso. Dopo due anni e mezzo di profonde difficoltà legate alla depressione, il calciatore sloveno è tornato in campo al 32′ del secondo tempo della partita di campionato sloveno tra il suo Maribor e il Nura, siglando anche il gol del definitivo 5-1. Gol che è arrivato all’89’ su un calcio di rigore che si è procurato con un rapido gioco di gambe. Palla c’è – palla non c’è, difensore ubriacato, frastornato e fallo in area di rigore. Dal dischetto, Ilicic raramente sbaglia, ieri non è stata un’eccezione. Ciò che è venuto dopo la trasformazione, invece, è andato oltre l’aspetto tecnico, con l’attaccante quasi 35enne che ha potuto finalmente esultare a braccia aperte e sorridere. Impossibile chiedere di meglio al nuovo debutto in patria, con quella maglia che fu sua per poche settimane nel 2010, prima dei play-off di Europa League con il Palermo quando fece innamorare il presidente Maurizio Zamparini, che lo portò in Italia. Da allora quasi 12 anni all’insegna di gol, assist e tanta classe cristallina, con le maglie di Palermo, Fiorentina e Atalanta per Ilicic nel Belpaese. Una lunga storia che nel giro di poche settimane ha toccato l’apice, prima di precipitare nel baratro.
ILICIC E L’INIZIO DELL’INCUBO
È il 19 febbraio 2020, l’allarme Covid in Italia e in occidente sarebbe esploso due giorni dopo, a San Siro si gioca Atalanta-Valencia, andata degli ottavi di finale di Champions League. Il match finisce 4-1 con un gol dell’allora numero 72 nerazzurro, una marea nerazzurra a Milano per quella che oggi ricordata come “la partita dei contagi”. Poi, il ritorno, il 10 marzo. L’allerta Covid è altissima, Valencia-Atalanta si gioca a porte chiuse, sul manto verde Ilicic esagera e segna tutti i gol orobici nel 3-4 finale. Qualificazione ai quarti, poker di reti, il premio come Man of the match nella mano destra e il pallone nella sinistra. Paradiso e baratro. Il Covid fa sempre più paura, arriva il lockdown, tutto si ferma. Ilicic, come tutti, non può più giocare a calcio. E Josip non riesce a mettere a sedere la depressione ubriacandola di finte, come fa con gli avversari. Non riesce a farla scomparire come il pallone tra i suoi piedi, prima di farlo riapparire con leggerezza, facendolo sembrare semplice. Perché nelle patologie mentali, non c’è nulla di semplice. Quei giorni a Bergamo, passati alla cronaca per le immagini delle bare trasportate dai camion dell’esercito, non sono più gestibili per i cimiteri locali e per chi, come lui, ci vive. Poi le accuse per quella partita giocata a San Siro con 45.792 spettatori, due giorni prima del caso di Cologno, una bomba che ha contribuito, contro la volontà di chiunque, a far esplodere i contagi nella zona. Una situazione che deve essere pesata nella testa di Ilicic, nato ma non cresciuto a Prijedor, città della Bosnia ed Erzegovina a maggioranza serba, in una famiglia di etnia croata dove il padre fu ucciso da un vicino di origine serba quando Josip aveva appena un anno. Per questo, la mamma Ana si trasferì con Josip e suo fratello maggiore Igor dalla città bosniaca dilaniata dalla guerra al focolaio sportivo di Kranj in Slovenia. Qui il più piccolo della famiglia ha iniziato a scoprire e ad amare il calcio, fino al buio del 2020. A luglio, quando la Serie A torna in campo dopo lo stop iniziato il 9 marzo, Josip non sembra più lui. Appare più esile, più nervoso, ma soprattutto meno sorridente. Centocinque giorni dopo la pausa, il massimo campionato era tornato, Ilicic, era rimasto vittima di ciò che Churchill chiamava ‘cane nero’: la depressione.ILICIC TORNA IN CAMPO
All’inizio della stagione 2020-2021, Ilicic sparisce dai radar. Le domande sulla situazione dello sloveno aumentano, incalzate dal silenzio. Fino al ritorno in campo e alle parole del Papu Gomez, ottobre 2020: “Josip ha contratto il Covid e ha sofferto molto, è caduto in depressione. La testa arriva a un momento in cui esplode. Ma ora sta bene”. Ilicic torna a giocare, non è lo stesso di prima, ma vederlo in campo è una gioia per l’uomo, non per il calciatore. Decide di continuare con l’Atalanta ma, dopo la partita con l’Udinese del 9 gennaio 2021, ha una nuova crisi: “A Josip saremo sempre vicini. Lo aspetteremo tutta la vita come persona, come calciatore è imprevedibile. La nostra testa è una giungla, i medici non sanno darci una risposta, non posso darla io. Ne parlo una volta per non parlarne più”, questa volta è l’allenatore orobico Gian Piero Gasperini che, con grande sensibilità, parla del suo calciatore. Ilicic giocherà, con la maglia nerazzurra, soltanto i minuti finali dell’incontro con l’Empoli, ultimo turno del campionato 2021-2022, a maggio. Poi la rescissione del contratto e l’emozionante saluto dello stadio di Bergamo, il primo settembre, in occasione della partita con il Torino. Il popolo nerazzurro ha abbracciato il suo campione dall’inizio alla fine del suo periodo buio, in campo, e sui social dove fioccavano i messaggi di affetto nei confronti del calciatore sloveno. “Non smetto, continuerò con il calcio”, aveva detto commosso davanti a quelli che per 5 anni sono stati i suoi tifosi. Ha scelto Maribor, la Slovenia, dove la sua storia è iniziata. E ha scelto di tornare a modo suo, un po’ fuori forma ma con un grande sorriso: il gol più atteso in questi lunghi due anni e mezzo. Di Giovanni PalmisanoLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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