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La storia di Alphonso Davies

La storia di Alphonso Davies

Alphonso Davies è il volto del Canada che torna in Coppa del Mondo dopo 36 anni. È un tipo speciale: il prototipo del calciatore del futuro con le qualità di quello passato.
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La storia di Alphonso Davies

Alphonso Davies è il volto del Canada che torna in Coppa del Mondo dopo 36 anni. È un tipo speciale: il prototipo del calciatore del futuro con le qualità di quello passato.
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Alphonso Davies è il volto del Canada che torna in Coppa del Mondo dopo 36 anni. È un tipo speciale: il prototipo del calciatore del futuro con le qualità di quello passato.
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Alphonso Davies è il volto del Canada che torna in Coppa del Mondo dopo 36 anni. È un tipo speciale: il prototipo del calciatore del futuro con le qualità di quello passato.
Forse è la storia dei Mondiali, assieme all’Iran che protesta e vince. Alphonso Davies è il volto del Canada che torna in Coppa del Mondo dopo 36 anni. Ha segnato il primo gol dei canadesi nella competizione, aveva fallito un rigore contro il Belgio nella prima partita del torneo. In verità, poco importa che i nordamericani abbiano perso due partite, che siano praticamente eliminati. Era messo in conto: sino a qualche mese fa giocavano contro El Salvador o Trinidad & Tobago. Ora invece accumulano minutaggio, esperienze contro colossi europei e sudamericani e il merito è in gran parte del terzino sinistro del Bayern Monaco neppure 22enne, con una storia alle spalle che vale due vite messe assieme. Davies è una specie di meteorite atterrato in Canada. Un Gronchi rosa, la cometa di Halley, a scelta: uno così passa, in un paese senza tradizione calcistica, che si è sempre aggrappato all’hockey su ghiaccio e che si è ritrovata tre anni fa i Toronto Raptors campioni Nba. E’ un rifugiato politico, Davies. Ha già giocato nella Major Soccer League, ora è in Bundesliga, ha rischiato di morire per un problema al cuore ed è anche un cantante. Il terzino volante è scappato con padre e madre dal Ghana quando aveva cinque anni. Era nato in un campo profughi di Buduram: niente acqua e cibo, la sopravvivenza era la conquista quotidiana. Il padre era sempre armato. Erano in fuga dalla seconda guerra civile liberiana (scoppiata nel 1999): la salvezza, la password d’accesso per un’esistenza diversa, è arrivata in Ontario, 17 anni fa. Il calcio è stato strumento di integrazione in Canada, come ha raccontato in una magnifica intervista a Espn in cui ha raccontato di voler essere fonte di ispirazione per i bambini con un sogno nel cassetto. Ha iniziato a giocare in una scuola chiamata Free Fotie, con un programma per i bambini dei quartieri poveri delle città nordamericane: quindi scuola scuola gratis, gli altri costi erano sostenuti da Free Fotie. E’ emerso così il suo dono per il calcio. Il pallone è stato il transfer che l’ha poi portato in Germania: dieci milioni di euro dal Bayern ai Vancouver Whitecaps, Mls. Aveva appena 17 anni. Davies ce l’aveva fatta, nonostante i dubbi intorno all’investimento del Bayern. Il simbolo della New Wave del Nordamerica arrivata in Europa. Con lui anche McKennie (alla Juventus), Reyna, Pulisic. La patente di grandezza gli è stata consegnata da Bayern-Barcellona 8-2, Champions League di due anni fa. Nel quinto timbro bavarese, Davies ha saltato in un battito di ciglia prima Semedo, poi Messi, Vidal, poi entrato nell’area del Barça ha piazzato l’assist a un passo dalla porta per Kimmich. E’ il prototipo del calciatore del futuro con le qualità di quello passato. Il suo strapotere fisico, una forza muscolare, uno strappo palla al piede praticamente introvabile, specie in Europa. Sta ridefinendo lo status di terzino, con quella tendenza, da terzino sinistro, di andare a incidere in altre zone di campo. Accade con Joao Cancelo al Manchester City, con Guardiola in panchina. Accade anche al Napoli capolista, con Spalletti che consente diverse escursioni fuori tema a Di Lorenzo. Il canadese fa anche di più: un po’ trequartista, un po’ seconda punta che va in rete, come contro la Croazia. Corre, rifinisce, segna. Davies è un tipo speciale. Senza peli sulla lingua. Nelle ore successive alla morte di George Floyd, afroamericano ucciso da un poliziotto (asfissia per un ginocchio che gli ha impedito di respirare, fino al decesso) a Minneapolis, l’omicidio che ha alimentato la furia pacifista di Black Lives Matter, il terzino del Bayern e del Canada ha indossato una fascia in segno di vicinanza al movimento che si è sviluppato per le strade americane, nei palazzetti dello sport e negli stadi, per poi diffondersi anche in Europa. Nei mesi scorsi ha rischiato di dover chiudere la carriera. Si è dovuto fermare per mesi a causa di una forma di miocardite determinata dal Covid-19. Prima dei Mondiali ha trovato il tempo di entrare in conflitto con la Canadian Soccer Association per la vendita di magliette con il suo nome. Davies non avrebbe gradito alcune scelte manageriali della federcalcio dopo la qualificazioni ai Mondiali. Ora è una delle luci ai Mondiali. Lo sarà anche in futuro. Non ha ancora 22 anni…   di Nicola Sellitti

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