L’Atalanta val ben più di una sconfitta
Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3)
L’Atalanta val ben più di una sconfitta
Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3)
L’Atalanta val ben più di una sconfitta
Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3)
Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3)
Scriviamo queste righe prima di Atalanta-Real Madrid (partita presentata come l’ennesimo esame di maturità al massimo livello e persa, ma solo con uno spettacolare 2-3).
Prima, perché non ci interessava il risultato specifico di una sfida comunque dall’enorme fascino, ma sottolineare il valore calcistico e non solo del lavoro portato avanti a Bergamo da una società e da una conduzione tecnica che non esitiamo a definire modello per molti.
Il concetto abusato e in questo caso del tutto errato di “miracolo sportivo” poteva avere un senso ai tempi dei quarti di finale di Champions League raggiunti nell’anno disgraziato del Covid, quando l’impresa sfiorata di eliminare il Psg di Neymar apparve anche un segno di riscatto per una città ferita come nessun’altra dalla pandemia.
In realtà, già allora si stava costruendo in prospettiva e con razionalità un organismo in cui nessun aspetto è stato lasciato indietro. Squadra e società, settore tecnico e gestionale sono cresciuti in splendido parallelismo garantendo solidità economica e futuro all’area tecnica, mentre – in tempi sconosciuti al nostro Paese – la società si è garantita una casa all’avanguardia europea, ristrutturando il vetusto e glorioso stadio comunale “Atleti Azzurri d’Italia”, potendo contare su un socio forte e intelligente arrivato dagli Stati Uniti d’America.
Finanziariamente solido, quest’ultimo, e altrettanto capace di lasciare la gestione in mano a chi conosce l’ambiente e sa cosa fare, la famiglia Percassi.
Questa è una squadra che ha dominato l’Europa League, torneo che solo la prosopopea di un certo calcio italiano ha considerato negli anni “minore“ per motivi del tutto oscuri, considerato che prima dell’Atalanta non lo vincevamo dai tempi ormai arcaici della Coppa Uefa. Poi, il trionfo europeo è stato visto dagli osservatori più superficiali come il canto del cigno, il passo d’addio di Gasperini tentato dal Napoli e invece da lì si è ripartiti per l’ennesima, parziale ricostruzione di un gruppo che può contare su un’idea tattica che diventa personalità, un meccanismo che fa da volano alle prestazioni di giocatori trasformati dagli anni passati con Gasperini.
Non può essere un caso che tanti dei protagonisti delle stagioni nerazzurre altrove non abbiano saputo garantire lo stesso livello e costanza di performance.
Restando al campo, aspetto che trattiamo per ultimo perché lo consideriamo fondamentale, l’Atalanta non è moderna solo nel vestito tattico – in quell’ossessivo giocare uomo su uomo a ritmi sconosciuti alla Serie A – che ne ha garantito un’evoluzione continua e spesso irrisolvibile per gli avversari.
L’Atalanta è moderna nella bellezza applicata all’efficacia. Un modo di intendere il calcio che oggi come oggi appare irrinunciabile, mentre le tattiche speculative così care ad alcuni allenatori ancora inchiodati alle idee utilitaristiche del “prima non prenderle“ non riescono letteralmente a star dietro a chi gioca nel futuro
di Fulvio Giuliani
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