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L’Inghilterra non vince mai

In questi Mondiali, una delle poche certezze resta l’Inghilterra. È ormai una tradizione, non vincono mai pur presentandosi come la squadra favorita.

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L’Inghilterra non vince mai

In questi Mondiali, una delle poche certezze resta l’Inghilterra. È ormai una tradizione, non vincono mai pur presentandosi come la squadra favorita.

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L’Inghilterra non vince mai

In questi Mondiali, una delle poche certezze resta l’Inghilterra. È ormai una tradizione, non vincono mai pur presentandosi come la squadra favorita.

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In questi Mondiali, una delle poche certezze resta l’Inghilterra. È ormai una tradizione, non vincono mai pur presentandosi come la squadra favorita.

Una delle poche certezze degli inediti Mondiali in versione invernale, con il Marocco in semifinale resta l’Inghilterra. Ontologicamente fedeli a se stessi, gli inglesi non vincono mai. Stavolta contro la Francia, anche dopo aver raggiunto il pareggio, pareva solo questione di tempo il nuovo vantaggio dei Bleus, sebbene gli uomini di Southgate stessero pure giocando meglio di Mbappè e compagni.

Insomma, inglesi fanno gli inglesi. Fanno il loro mestiere con precisione: si avvicinano alla meta (la terminologia è adeguata, nel rugby restano l’eccellenza in Europa e nel mondo) e poi, nella migliore delle ipotesi, per un rigore, una parata, una palla che esce di un filo, restano a mani vuote. E’ ormai una tradizione. Come il té delle cinque del pomeriggio, oppure il cambio della guardia a Buckingham Palace. Si presentano ai blocchi di partenza con le armi per piazzarsi tra le favorite, dopo un trionfale girone di qualificazione. Forse stavolta più che in altre edizioni. Stamattina la stampa britannica, la stessa che ieri invitava gli inglesi a farsi un “French Toast” dei transalpini che sarebbero ancora i campioni del mondo in carica, ha toccato questo tasto: c’è una potenziale golden age che potrebbe scrivere pagine meravigliose. Da Bellingham a Foden, Saka, Alexander-Arnold, Rashford. E a casa, per diversi motivi, ci sono Elliott, 18enne del Liverpool, poi Greenwood, eccellente punta del Manchester United. Magari manca qualche difensore centrale, perché se Maguire vale quasi 100 milioni di euro c’è obiettivamente qualcosa che non funziona.

Dunque, il materiale ci sarebbe pure. Ma per qualche motivo, che affonda anche nella tradizione perdente, gli inglesi non sfondano. Stavolta, così come a Euro 2020, ci ha messo parecchio impegno a mandare tutto in malora il ct Southgate. Uno che mette disastri in fila, che maltratta il talento (enorme) che si ritrova tra campo e panchina. Per esempio, che avanza Bellingham sulla trequarti, cioè l’unico centrocampista con qualità e primo passaggio, mentre tiene al caldo in panca un esercito di trequartisti, mezzali con tiro e velocità. Così l’azione è costruita dal medianone Rice, che non sa mai giocare in verticale.

E quindi, nulla di fatto. Non si vince neppure stavolta. Non che noi italiani siamo messi benissimo o che lo sport si tramandi solo sfogliando l’almanacco, anzi. L’Olanda di Cruijff non ha vinto i Mondiali e ancora si parla del calcio totale orange, così come dell’Urss del colonnello Lobanovski, arrivata in finale con l’Olanda di Van Basten a Euro 1988. Ma non si saltano alla mente le edizioni dell’Inghilterra dominante sul piano del gioco e l’unico successo c’è stato ai Mondiali casalinghi del 1966. Un successo con il trucco, come è risaputo, per il gol fantasma di Hurst, con la compiacenza del guardalinee russo Bakhramov. Poi sono arrivati quarti ai Mondiali in due occasioni, una delle quali a Italia ‘90. Era la squadra di Woodle, Lineker e Gascoigne.

Neppure forse la generazione inglese più forte degli ultimi 30 anni, con Fabio Capello in panchina tra il 2007 e il 2012 ha portato a qualche risultato. Una squadra con Terry e Ferdinand centrali difensivi, sulla mediana c’erano Scholes, Gerrard, Lampard, Beckham, con Rooney in avanti. L’eccellenza assoluta, il meglio della Premier League, forse del calcio europeo. Eppure in quel periodo ha vinto tutto o quasi la Spagna del tiki taka, dei fenomeni Xavi e Iniesta.

Insomma, ora il bersaglio è mirato su Harry Kane che sbaglia il rigore del pari. “Harry Pain”, titola The Sun (che ieri aveva fatto il titolo sul French Toast) sulla punta del Tottenham, poi c’è l’ormai amara constatazione che “It’s not coming home”, che quella Coppa non torna a casa, da loro che si considerano i maestri del gioco. E’ la stessa stampa, che evidentemente non deve essere d’aiuto alla causa, che prendeva in giro la nazionale italiana prima della finale di Euro 2020 e che si poi è ritrovata a scrivere del piatto di spaghetti di Bonucci e Chiellini.

Insomma, tutti, dai calciatori ai tecnici, fino alla stampa, non imparano mai. Non migliorano, anche quando avrebbero tutte le cartucce per farlo. Il prossimo giro ai Mondiali, l’edizione 2026 griffata Usa-Canada-Messico, cade nel 60esimo anniversario dei Mondiali vinti con il trucco. Saranno quattro anni pesanti per la nazionale dei Tre Leoni.

di Nicola Sellitti

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