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Lo scudetto e la memoria

Lo scudetto e la memoria

Alle 22:37 di ieri 4 maggio lo scudetto, dopo 33 anni, ritorna a Napoli. Diego Armando Maradona, finalmente, potrà riposare
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Lo scudetto e la memoria

Alle 22:37 di ieri 4 maggio lo scudetto, dopo 33 anni, ritorna a Napoli. Diego Armando Maradona, finalmente, potrà riposare
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Lo scudetto e la memoria

Alle 22:37 di ieri 4 maggio lo scudetto, dopo 33 anni, ritorna a Napoli. Diego Armando Maradona, finalmente, potrà riposare
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Alle 22:37 di ieri 4 maggio lo scudetto, dopo 33 anni, ritorna a Napoli. Diego Armando Maradona, finalmente, potrà riposare
Diego può riposare. Finalmente. È stato il nostro pensiero ieri alle 22:37, quando il Napoli ha aritmeticamente conquistato il suo terzo scudetto. Mentre il prato della Dacia Arena si tingeva d’azzurro, come da ore gli spalti di un impianto solo formalmente da trasferta, siamo tornati con il pensiero alla parabola delle grandi e indimenticabili gioie e delle terrificanti cadute dell’uomo che insegnò a un’intera città come si potesse vincere.
Un cerchio si è chiuso ed è stato bello e significativo che la prima festa, oltre quella sul terreno di gioco dell’Udinese, si sia celebrata nello stadio che porta oggi il suo nome. Perché Diego non c’è più, ma – come capita ai grandi eroi popolari – resta sempre ancora un po’. E quel cerchio si doveva chiudere, dal giorno amarissimo della fuga da chi l’aveva amato senza sconti e domande ai ritorni sempre un po’ troppo tristi e nostalgici, fino alla grande vittoria che sembrava impossibile senza di lui.
 
Il terzo scudetto sana anche questo, consegnando definitivamente Diego alla storia della città.
Commentando con rara ispirazione il trionfo appena vissuto, l’allenatore azzurro Luciano Spalletti ha riservato un saluto commosso e tutt’altro che rituale alla leggenda: “Questo scudetto – ha detto – è anche di Diego, perché sono convinto ci abbia posato le sue mani“.
Non solo un ricordo dolce, ma la dedica più bella dai suoi eredi. Accompagna sin lassù il regalo di un po’ di pace, mentre Napoli lascia esplodere la sua gioia primordiale.
di Fulvio Giuliani
 

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