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Paola Egonu

L’opportunità che ci regala Paola Egonu

Il “caso“ Paola Egonu è una brutta storia, ma rappresenta due grandi opportunità: se qualcosa è successo, chi è responsabile paghi, mentre Paola impari che essere i più forti comporta un peso da saper portare.
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L’opportunità che ci regala Paola Egonu

Il “caso“ Paola Egonu è una brutta storia, ma rappresenta due grandi opportunità: se qualcosa è successo, chi è responsabile paghi, mentre Paola impari che essere i più forti comporta un peso da saper portare.
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L’opportunità che ci regala Paola Egonu

Il “caso“ Paola Egonu è una brutta storia, ma rappresenta due grandi opportunità: se qualcosa è successo, chi è responsabile paghi, mentre Paola impari che essere i più forti comporta un peso da saper portare.
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Il “caso“ Paola Egonu è una brutta storia, ma rappresenta due grandi opportunità: se qualcosa è successo, chi è responsabile paghi, mentre Paola impari che essere i più forti comporta un peso da saper portare.
Il “caso“ Paola Egonu è una brutta storia, ma anche una grande opportunità. Che nello sport esistano rigurgiti ignobili e intollerabili di razzismo è un dato di fatto. Che possa accadere in Italia lo sappiamo sin troppo bene. L’umanissimo sfogo della più forte pallavolista al mondo, catturato ieri da uno smartphone di un tifoso al termine della finale per il terzo posto dei mondiali di Volley, è solo una triste conferma. A questo punto, però, è inutile e controproducente mettere pezze a colori su parole che vanno semplicemente spiegate e capite. E qui siamo alla prima, grande occasione che si presenta grazie a Paola Egonu: se nello spogliatoio della Nazionale azzurra – inteso in senso lato, ovviamente – è successo qualcosa di grave e inaccettabile, se veramente qualcuno è arrivato a chiedere alla giocatrice-simbolo del nostro movimento “perché sia italiana”, quel qualcuno non ha posto nella compagine azzurra. Per essere ancora più chiari, sarebbe lui o lei a doversene andare, non certo Paola Egonu. Non perché quest’ultima sia la nostra giocatrice più forte e – volente o nolente – la protagonista tanto delle vittorie quanto delle sconfitte, ma perché lo sport è prima di ogni altra cosa educazione alla vita. Chiunque non ci arrivi, vada a meditare e ripassi quanto dovuto, prima di farsi rivedere. Speriamo di essere stati chiari, così come è corretto chiedere alla donna e non alla giocatrice di farsi carico della propria responsabilità. È questa la seconda, grande opportunità: essere i più forti comporta un peso da saper accettare e gestire. Non è obbligatorio essere dei leader – la storia dello sport è piena di fenomeni che rifuggivano da questo ruolo – ma Paola Egonu ha meritoriamente sempre scelto di affrontare determinati argomenti, dal razzismo alla vita privata. Per quanto a volte doloroso, bisogna anche saper riconoscere e accettare le conseguenze delle proprie scelte. Ieri, ce ne rendiamo perfettamente conto, Paola era solo una ragazza in un momento di sfogo con il proprio procuratore, ma ormai funziona così: c’è sempre uno smartphone e neppure nascosto. Oggi, sarebbe bene spiegare e chiedere conto a chi di dovere. Non si può lasciare nulla in sospeso, tantomeno l’ombra del sospetto infamante di razzismo su un intero gruppo. Parli con la serenità e la schiettezza che l’hanno resa personaggio – l’unico – al di fuori dalla parrocchia del volley femminile odierno. Quanto all’idea, parzialmente rientrata, di abbandonare la Nazionale ci siamo già espressi sul piano dei valori. Aggiungiamo una nota sul destino agonistico della Egonu: la pallavolo non è il calcio. Rinunciare all’Azzurro, oltre che moralmente triste, confinerebbe questa meravigliosa giocatrice in una realtà inevitabilmente provinciale, pur giocando nel ricchissimo club turco da lei scelto. Rispetto ai grandi temi di cui sopra è l’ultimo dei problemi, ma detestiamo l’idea dello spreco di talento e di opportunità. di Fulvio Giuliani 

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