L’oro delle ragazze d’Italia e della leggenda
L’oro di Errani-Paolini nel doppio femminile di tennis e della leggenda Nole Djokovic: ieri alle Olimpiadi di Parigi ci siamo goduti un tennis allo stato dell’arte
L’oro delle ragazze d’Italia e della leggenda
L’oro di Errani-Paolini nel doppio femminile di tennis e della leggenda Nole Djokovic: ieri alle Olimpiadi di Parigi ci siamo goduti un tennis allo stato dell’arte
L’oro delle ragazze d’Italia e della leggenda
L’oro di Errani-Paolini nel doppio femminile di tennis e della leggenda Nole Djokovic: ieri alle Olimpiadi di Parigi ci siamo goduti un tennis allo stato dell’arte
L’oro di Errani-Paolini nel doppio femminile di tennis e della leggenda Nole Djokovic: ieri alle Olimpiadi di Parigi ci siamo goduti un tennis allo stato dell’arte
Commozione. Commozione pura per Sara Errani e Jasmine Paolini, arrivate all’Olimpo della medaglia d’oro nel doppio femminile del torneo di tennis alle Olimpiadi. Culmine di un progetto voluto, pensato, cercato, sudato: nulla lasciato al caso, a cominciare dai sacrifici necessari a trovare l’alchimia e l’equilibrio di coppia necessari a vincere un torneo che solo i superficiali e gli incompetenti possono pensare di portare a casa mettendo insieme due bravi tennisti o due brave tenniste.
Il doppio è chimica, psicologia, venirsi incontro e sostenersi nei momenti difficili. Capacità di sfruttare punti di forza e paradossalmente anche debolezza del compagno. Non è necessario essere amici (certamente aiuta), ma è assolutamente fondamentale e imprescindibile fidarsi l’uno dell’altro. Fare squadra come hanno saputo fare squadre Sara e Jasmine.
La grande campionessa al crepuscolo della carriera, quasi al last dance – già vincitrice di tutto in doppio – e il nuovo fenomeno della racchetta azzurra nel suo anno di grazia.Abbiamo esultato, abbiamo gioito, abbiamo partecipato di un trionfo che ricorderemo e racconteremoA proposito, ci volevano raccontare che le Olimpiadi per certi sport non contano. Ci hanno ripetuto – da professionisti del cinismo e del più stupito cattivismo – che i grandi campioni se ne fregano. Che le star al massimo si concedono per fare un po’ di show, gareggiano per i loro risultati, il loro palmarès e ovviamente i loro denari.
Poi arriva Nole Djokovic: con un solo ginocchio in funzione, l’altro rattoppato in qualche modo in tutta fretta, perché il più grande di tutti era in missione. Da anni. Per se stesso, ma soprattutto per il Paese a cui aveva promesso una medaglia d’oro alle Olimpiadi.
Djokovic semplicemente non avrebbe contemplato la possibilità di non presentarsi a Parigi, sua ultima occasione a cinque cerchi. Ha programmato tutto, previsto tutto, rinunciato alla Parigi del Roland Garros – quello che secondo i cinici di cui sopra i grandi campioni non farebbero mai in favore dei Giochi. Diciamo che dipende dai campioni – ha giocato sino alla finalissima di Wimbledon non ancora al 100% per dare il meglio di ciò che gli restava alle Olimpiadi.
Lo ha fatto in un pomeriggio da consegnare alla storia dello sport, ha completato la sua missione benedicendola in un lago irrefrenabile di lacrime. Le più belle, commoventi e coinvolgenti che si possano raccontare, al termine di una partita contro il fenomenale Carlitos Alcaraz in cui il Djoker ha escluso di poter perdere.
Abbiamo potuto godere di un tennis allo stato dell’arte, ma la vittoria ancora una volta è stata determinata da un cervello di una cilindrata superiore. Adesso vorremmo proprio chiederlo al lor signori cos’hanno da dire di quella passione senza confini, di quelle lacrime che sanno di un piano di vita che si completa, di quel tremore di pura emozione. Forse non capiranno e basta, come al solito. Noi ci godiamo tutto, fino all’ultimo.
di Fulvio Giuliani
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche