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Meggiorini in lacrime, gli insulti non hanno scuse

L’attaccante del Vicenza Riccardo Meggiorini è scoppiato in lacrime dopo le offese rivolte dall’avversario Zan Majer alla madre che non c’è più. Offese tipicamente fatte dai tifosi che, nonostante il comportamento dei calciatori, non hanno scuse.
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Mercoledì sera si è giocata Lecce-Vicenza, partita testacoda di Serie B con i salentini capolisti e i biancorossi ultimi in classifica che hanno perso 2-1.

Per Riccardo Meggiorini – ex attaccante, tra le altre, di Inter, Bari e Chievo – il vero colpo basso non è stato inferto dai gol avversari ma dalle parole di Zan Majer, difensore sloveno dei salentini. Durante i minuti di recupero del secondo tempo, poco dopo il gol dello stesso Meggiorini all’88esimo, l’attaccante è scoppiato in lacrime. Immediato è arrivato l’abbraccio del capitano avversario Fabio Lucioni.

Rivedendo le immagini in TV si nota un labiale inequivocabile di Meggiorini: “Porta rispetto! Cosa c’entra mia mamma?”.

Altre volte Meggiorini ha dovuto far finta di non sentire, ma questa volta non ci è riuscito: prima le lamentele con l’arbitro, poi le lacrime per le offese alla madre che non c’è più, scomparsa nel 2017 per una malattia incurabile.

“Quando si vanno a toccare gli affetti personali, che magari non ci sono più, dà fastidio, sono stato insultato più volte”, ha dichiarato il giocatore che ha subito accettato le scuse di Majer: “L’importante è che sia venuto a fine partita a chiedermi scusa, almeno ha fatto quel gesto”.

L’autore delle offese non sapeva che la madre dell’avversario fosse deceduta e, dopo le scuse negli spogliatoi, si è scusato pubblicamente sui social.

Perché i calciatori devono dare il buon esempio, come tutti quelli che hanno una certa notorietà. Eppure, non bisogna cadere nel tranello: anche se famose, sempre di persone si tratta, e le persone sono anche il risultato della società.

In un Juventus-Chievo del 2019, dopo un battibecco di gioco tra Giorgio Chiellini e Meggiorini, furono i tifosi bianconeri ad offendere la memoria della madre dell’allora attaccante clivense. Con una grande differenza: erano consapevoli della scomparsa proprio come lo erano i tifosi di mezza Italia quando infangavano la memoria della madre di Marco Materazzi, scomparsa quando lui aveva appena 15 anni.

Servivano le lacrime di un giocatore per parlare di questo problema? 

Bisogna prendersi le proprie responsabilità, capire che ciascuno ha un ruolo nella società: gli stessi politici sono il frutto, ma l’albero è lo stesso.
È un processo osmotico per cui pretendere il buon esempio a chi ha più visibilità è giusto ma non è sufficiente.
Nascondersi dietro il cattivo esempio è troppo facile.

di Giovanni Palmisano

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