Maldini addio, calcio immemore
C’è incredulità per il licenziamento di Paolo Maldini da Milanello, mentre si spera nel ritorno di Messi al Barcellona
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Maldini addio, calcio immemore
C’è incredulità per il licenziamento di Paolo Maldini da Milanello, mentre si spera nel ritorno di Messi al Barcellona
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Maldini addio, calcio immemore
C’è incredulità per il licenziamento di Paolo Maldini da Milanello, mentre si spera nel ritorno di Messi al Barcellona
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C’è incredulità per il licenziamento di Paolo Maldini da Milanello, mentre si spera nel ritorno di Messi al Barcellona
Messi sulla strada del Barcellona. Paolo Maldini via da Milanello. Due leggende, due percorsi opposti. Mentre la Pulce tratta il ritorno a casa, in maglia blaugrana – dove ha giocato 20 anni, oltre 30 trofei e 800 gol – dopo due anni nel dorato purgatorio al Paris Saint Germain, c’è l’inatteso e rumoroso allontanamento della leggenda rossonera da parte della proprietà americana. Da un lato c’è non solo l’apertura ma il rilancio del passato, perché Messi è il Barcellona: lo attende a braccia aperte Xavi, tecnico del Barça, artista del trio di prestigiatori con Messi e Iniesta che ha scritto pagine di calcio nel decennio precedente. La Catalogna è pronta a esplodere, dopo le lacrime di due stagioni fa.
Da Barcellona a Milano, dalla cura per la bellezza del passato alla cancel culture del patron Gerry Cardinale che licenzia Maldini con un tratto di penna, licenzia l’architetto della grandezza rossonera che, tra l’altro, ha vinto uno scudetto appena 12 mesi fa. In verità, mentre l’incredulità per il licenziamento di Maldini è ancora sotto gli occhi del calcio italiano, speriamo anche noi nel ritorno di Messi al Barcellona e non per un eccesso di romanticismo, che sempre meno si vede nello sport mondiale. La logica del business vorrebbe Messi diretto verso l’Arabia Saudita, di cui è tra l’altro ambasciatore del turismo per svariati milioni di dollari annui. Nel Golfo Persico c’è Mohammed bin Salman, nome e cognome conosciuti anche a queste latitudini, che dopo aver convinto Cristiano Ronaldo qualche mese fa a scegliere la Saudi League, ora prepara il tesoretto per Benzema, appunto Messi e Luis Suarez per formare un quartetto extralusso. Se Messi e Benzema prendessero l’aereo per l’Arabia Saudita, nel Golfo Persico ci sarebbero in totale 13 edizioni del Pallone d’Oro. Una concentrazione astrale di talento. Ma a che prezzo?
L’obiettivo, neppure tanto nascosto, di bin Salman è imitare i cugini poco amati del Qatar: far crescere il calcio nazionale, farlo diventare un magnete come gli idrocarburi e aggiudicarsi l’edizione del 2030 dei Mondiali. La Fifa probabilmente non attende altro. Il progetto è ovviamente lecito, il business è business, tra i sauditi è arrivata la F.1, la MotoGp, il tennis, il golf, anche il wrestling. Lo sono decisamente meno le cifre che girano per l’ingaggio di Messi (400 milioni di dollari annui dell’Al-Hilal), ma anche per Benzema, che nel frattempo ha lasciato il Real Madrid dopo 14 anni, c’è un compenso annuo da 100 milioni, qualcosa in meno per Suarez, ma sono cifre che non possono neppure essere associate a un’idea di mercato, perché a queste condizioni un mercato, nel suo senso letterale, non esiste.
Nessun club europeo, per fortuna tra l’altro, è in condizione di offrire neppure la metà delle ipotesi di ingaggio che si leggono in giro. Non è corretto neppure utilizzare il termine bolla: l’Arabia Saudita diventerebbe una specie di iperuranio, irraggiungibile per chiunque. Se davvero tutto questo avvenisse, se poi Messi scegliesse i sauditi e non il ritorno al Barça, in compagnia di Benzema e Suarez, il segnale per il calcio europeo sarebbe preoccupante. I danni di quell’onda presto arriverebbero pure qui.
Di Nicola Sellitti
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