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I tormenti del Ct

Il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini, lancia da anni sempre lo stesso allarme. Inascoltato
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Il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini, lancia da anni sempre lo stesso allarme. Inascoltato
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Il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini, lancia da anni sempre lo stesso allarme. Inascoltato
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Il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini, lancia da anni sempre lo stesso allarme. Inascoltato
Il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini, lancia da anni sempre lo stesso allarme. È costretto a ripetersi, venendo probabilmente a noia innanzitutto a se stesso. Fa bene, però, a denunciare implicitamente la sostanziale indifferenza del sistema che lo vorrebbe vincente, pur senza metterlo nella condizione di poter vincere. Reduce dal fallimento epocale della mancata qualificazione ai Mondiali in Qatar – il che ha paradossalmente reso ancora più eccezionale il trionfo europeo di Wembley nel 2021 – Mancini continua a sottolineare aspetti che chiunque ami il calcio dovrebbe tenere nella massima considerazione. Gli italiani non giocano quasi più in Serie A e sono praticamente spariti dalle squadre di vertice, quelle stesse che raggiungendo i quarti di finale in Champions League ci hanno fatto urlare alla “rinascita“ del nostro pallone. Ha ragione il ct, quando sottolinea che è ridicolo parlare di “rinascita“ se a giocare sono sempre gli stranieri, se sui nostri talenti si punta sempre meno. Anche perché di talento ce n’è molto poco. Eccoci arrivati al passaggio cruciale dell’allarme di Roberto Mancini: si è inaridita la storica base del nostro calcio, anche perché – ci ricorda – i bambini non giocano più al pallone in cortile, nei parchi o in strada. Sembrano classiche parole da “Boomer” e invece vale la pena soffermarsi su questa considerazione nostalgica solo all’apparenza. Il calcio ha veramente perso la passione propulsiva, il tocco magico su bambini e ragazzi? Difficile una risposta secca, perché ancora oggi crediamo che una bimba o un bimbo conservino l’istinto di seguire una palla appena la vedano. Altro è il discorso sui grandi numeri, su quelle incredibili maratone da interi pomeriggi e giornate passate a giocare ovunque, immaginandosi al Maracanã. Ecco su questo crediamo che Mancini abbia purtroppo ragione. Non è banalmente “colpa dei videogiochi“, è cambiata la società, sono cambiati i suoi tempi e i ragazzini hanno ancora il pallone, ma nel senso di avere anche questo passatempo. Insieme a tanti altri. La concorrenza di sport diversi dal calcio, poi, si fa sempre più forte, complice la pessima immagine di sé che questa disciplina meravigliosa troppo spesso offre. Le famiglie scelgono altre attività, libere dalla sconfortante presenza di certi imbecilli a cui ci siamo tragicamente dovuti abituare. Ha ragione Roberto Mancini, ma state tranquilli: continueranno tutti a dargli ragione, non facendo poi assolutamente nulla e chiedendogli di vincere i Mondiali anche se in Serie A gli italiani non ci sono più. di Fulvio Giuliani 

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