Mertens, ultimo dei Mohicani
L’addio di Mertens al Napoli insegna quanto l’ambizione di una maglia, considerata aliena, sia ormai fuori moda.
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Mertens, ultimo dei Mohicani
L’addio di Mertens al Napoli insegna quanto l’ambizione di una maglia, considerata aliena, sia ormai fuori moda.
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Mertens, ultimo dei Mohicani
L’addio di Mertens al Napoli insegna quanto l’ambizione di una maglia, considerata aliena, sia ormai fuori moda.
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L’addio di Mertens al Napoli insegna quanto l’ambizione di una maglia, considerata aliena, sia ormai fuori moda.
La verità è che non siamo più abituati. Chiunque segua il calcio è ormai assuefatto a sentir parlare molto più di contratti da rinnovare (ben prima della scadenza, si intende) e usati come una clava da giocatori e procuratori che di scelte di pancia o cuore. L’idea che si possa volere a tutti i costi o quasi una maglia è considerata aliena, roba da sentimentali oltre la data di scadenza.
Del resto, parliamo dell’unica realtà al mondo in cui legare un lavoratore a sé comporta non di rado più rischi che opportunità. In cui un professionista viene messo sotto contratto per cederlo, non per sfruttarne le prestazioni.
In un panorama del genere, dominato da affaristi, maneggioni, venditori di pentole e fumo, un caso come quello di Dries Mertens sembra arrivare da Marte. Almeno per quanto riguarda i contenuti verbali e – perché no – morali.
Il giocatore belga, integratosi totalmente nella città che lo ha ospitato per nove anni e di cui sarà cittadino onorario – fino a diventarne simbolo popolare – ha detto addio senza andarsene realmente. Giocherà in Turchia, al Galatasaray, ma tornerà appena possibile ad affacciarsi sul Golfo, mostrando un attaccamento alle radici a oggi ignoto alla stessa Società Napoli Calcio. Soprattutto non se ne andrà tanto facilmente dalla testa dei tifosi che quest’estate hanno visto letteralmente smontata pezzo dopo pezzo la squadra. Un team che in fin dei conti ha vinto poco, ma ha fatto divertire tantissimo per anni.
Il suo saluto è in un video elegante, sentito, condito da parole che questo mondo di plastica e non di rado ridicolo ha dimenticato. Sul perché non sia rimasto ci si può esercitare, decidendo di propendere per la teoria presidenziale (“abbiamo offerto tanto, lui ha detto di no“) o per quella della stragrande maggioranza dei supporter azzurri (“De Laurentiis non lo voleva più, puntando a un ringiovanimento totale della rosa e a una brusco taglio dei costi. Insomma, l’ha lasciato andare senza rimpianti“), ma la sostanza non cambia: nel calcio che si vorrebbe cosmopolita e il più delle volte è solo un girandola impazzita di denaro senza reale contropartita tecnica e umana, Dries “Ciro” Mertens si è dimostrato un uomo di quelli che faticherete a trovare fra banderuole e bandierine.
Avrebbe fatto comodo tecnicamente a una squadra da rifondare, ma soprattutto avrebbe potuto condurre un’intera piazza in una fase di transizione. Si è scelta un’altra strada e saranno i fatti a determinare i giudizi, di sicuro uno così manca già e non solo ai tifosi del Napoli. A chi nel calcio si ostina a cercare storie.
Di Fulvio Giuliani
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