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Messi e il possibile contratto da 300 milioni di dollari

L’offerta dell’Al- Hilal a Leo Messi: un contratto da 300 milioni di dollari all’anno, mentre il calcio europeo continua a rischiare parecchio
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Messi e il possibile contratto da 300 milioni di dollari

L’offerta dell’Al- Hilal a Leo Messi: un contratto da 300 milioni di dollari all’anno, mentre il calcio europeo continua a rischiare parecchio
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Messi e il possibile contratto da 300 milioni di dollari

L’offerta dell’Al- Hilal a Leo Messi: un contratto da 300 milioni di dollari all’anno, mentre il calcio europeo continua a rischiare parecchio
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L’offerta dell’Al- Hilal a Leo Messi: un contratto da 300 milioni di dollari all’anno, mentre il calcio europeo continua a rischiare parecchio
Arriva l’effetto Arabia. Un pericolo davvero dietro l’angolo per il calcio internazionale. Anzi, è più corretto scrivere di rischio-bolla. L’offerta che sta rimbalzando in queste ore da 300 milioni di dollari annui per Leo Messi, con il padre del fenomeno argentino che sarebbe al tavolo delle trattative con l’Al Hilal, è ben più di un campanello d’allarme. La Pulce potrebbe scegliere di godersi il titolo di campione del mondo con l’Argentina nel calcio dorato nel Golfo Persico, al club rivale dell’Al-Nasr di Cristiano Ronaldo.  

In poche settimane, i due calciatori-simbolo degli ultimi 15 anni finirebbero in Arabia con ingaggi neppure avvicinabili dai top club europei. Che pure pagano stipendi d’oro e spesso fuori dalla loro effettiva portata economica. Messi era la priorità dell’Al-Nasr che poi si è “accontentato” di Ronaldo. La Pulce andrebbe a incassare addirittura il doppio dell’ingaggio base di Ronaldo, cioè 150 milioni di dollari. E oltre il triplo, per esempio, dello stipendio di star della Nba come Lebron James e Steph Curry.

Certo, l’autostrada verso l’Arabia per l’argentino è stata battezzata da tempo. Messi è ambasciatore del turismo del paese saudita per oltre sette milioni di euro annui. Ma la trattativa, se andasse a buon fine, avrebbe un effetto sui rapporti geopolitici nel Golfo Persico: mettere Messi sotto contratto sarebbe un successo clamoroso per l’Arabia Saudita, sfilandolo così al Paris Saint Germain, ovvero al fondo Qatari Sports Investment, che possiede le quote di maggioranza del club francese.

Un colpo decisivo nella politica dei due paesi arabi per prendersi il meglio dello sport internazionale per ripulire l’immagine segnata da violazione di diritti umani, torture, morti più che sospette. Paesi tra l’altro che non hanno fatto nulla negli anni per smentire il cattivo sangue: restando al calcio ai Mondiali qatarioti, la piattaforma di streaming per 24 paesi tra Medio Oriente e Nordafrica, Tod TV, di proprietà dell’emittente qatariota beIN Media Group, ha smesso all’improvviso di funzionare in Arabia Saudita per diverse ore. Tod Tv è stata bandita in Arabia Saudita per diversi anni per i rapporti estremamente tesi tra le parti, soprattutto per la vicinanza del Qatar alle posizioni dell’Iran.

L’affare Messi dunque sarebbe solo un pezzo, forse quello più pregiato, nell’ingranaggio di Mohammed bin Salman, il principe della famiglia saudita (copre il 10% del fabbisogno mondiale di petrolio), per mettersi alle spalle il Qatar e lavorare sul suo obiettivo: trasformare l’Arabia Saudita dal regno degli idrocarburi a meta turistica senza pari a livello mondiale. Per realizzarlo, serve il calcio, servono i motori, serve il golf.

In tutto questo, il rischio per il calcio europeo è davvero alto. E sarebbe un errore credere che questa corsa all’ingaggio folle, tra Ronaldo e Messi, possa esaurirsi. Presto fioccheranno offerte, magari non da 200 milioni annui, comunque irrifiutabili da parte dei top player che giocano in Europa. Con potenziale effetto domino: per tenere alto il livello del prodotto europeo e accontentare i broadcaster che ci investono, lo stipendio degli atleti potrebbe affrontare un processo inflazionario. Senza dimenticare che i conti di una buona parte del football europeo sono ancora in rosso. Il Real Madrid cerca il rientro, il debito del Barcellona resta superiore al miliardo di euro, in Italia c’è stata la proroga – saldo entro cinque anni con minimo tasso di interesse – per il pagamento di tasse e contributi da parte delle società, su concessione del governo Meloni. Forse solo la Premier League potrebbe minimamente reggere il passo con gli arabi, ma anche in Inghilterra il pozzo non è senza fondo e ci sono gli americani in fuga, sia al Liverpool che al Manchester United.

Di Nicola Sellitti 

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